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Beni culturali di interesse religioso: definizione e panorama normativo


Il termine “bene culturale” ha oramai trovato una stabile collocazione all’interno dell’ordinamento giuridico italiano ed altrettanto possiamo dire per la maggiormente circoscritta dizione di “beni culturali di interesse religioso” con la quale si intende quella parte di essi che presentano una caratterizzazione religiosa.
A livello normativo, il d.lgs. 42/2004 (Codice Urbani) precisa che “sono beni culturali le come immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoatropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà”.
A sua volta viene proposta un’ampia elencazione con l’individuazione di alcune categorie generali e speciali, tra le quali correttamente non viene proposta quella dei beni culturali di interesse religioso.
Una scelta, questa, giustificata dalla considerazione che tutte le tipologie individuate possono assumere astrattamente la specificazione dell’interesse religioso.
Una volta accertata, con gli appositi strumenti indicati dal Codice Urbani, la qualificazione giuridica del bene come culturale, rimane aperta la questione della ulteriore verifica della sussistenza dell’interesse religioso.
Pare ragionevole ipotizzare un rinvio agli ordinamenti confessionali di volta in volta interessati.
Quanto alla questione della ripartizione delle competenze legislative in tema di beni culturali, è importante ricordare che l’art. 117 cost. ha riservato in via esclusiva allo Stato l’attività di tutela, dovendosi intendere per essa quella relativa all’individuazione, alla conservazione ed alla protezione di tali beni; mentre ha demandato alla competenza concorrente tra Stato e Regioni “la valorizzazione, la promozione e l’organizzazione delle attività culturali”.

Tratto da DIRITTO ECCLESIASTICO di Stefano Civitelli
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