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Art. 133 c.p.


Anche le circostanze del reato provvedono alla individuazione di elementi “significativi” diversi e ulteriori rispetto a quelli essenziali.
Ma nelle circostanze c.d. proprie l’individuazione e valutazione sono opera del legislatore.
Mentre nelle circostanze c.d. improprie sono individuate e valutate dal giudice.
Inoltre, pur assolvendo un compito in definitiva di quantificazione della pena, le circostanza proprie non sono in grado di tenere il posto della commisurazione sostituendosi al correlativo potere discrezionale del giudice.

I criteri legislativi di esercizio del potere discrezionale di commisurazione (in senso stretto) attribuito al giudice ex art. 132 c.p.

L’art. 133 c.p. dispone che: “nell’esercizio del potere discrezionale indicato dall’art. precedente, il giudice deve tener conto della gravità del reato”, nonché della capacità a delinquere del colpevole (c.d. anche capacità criminale).

L’art. 133 c.p. elenca gli indici fattuali che il giudice deve considerare come espressivi della gravità del reato e della capacità a delinquere:
_ 1° comma: la gravità del reato va desunta:
1-dalla natura – dalla specie – dai mezzi – dall’oggetto – dal tempo – dal luogo – e da ogni altra modalità dell’azione;
2-dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa del reato;
3-dall’intensità del dolo e dal grado della colpa.

_ 2° comma: la capacità a delinquere va desunta:
1-dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;
2-dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato;
3-dalla condotta temporanea o susseguente al reato;
4-dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.

In pratica, il legislatore ha individuato tutti i possibili elementi che possono essere in concreto significativi della gravità del reato e della capacità criminale, senza però operare nessuna selezione. La chiave di volta dell’art. 133 c.p. risiede non tanto negli indici fattuali quanto nei criteri della gravità del reato e della capacità criminale.

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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