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Il concorso di condizioni necessarie

Il concorso di condizioni necessarie


In conclusione => l’art. 41 c.p. intende disciplinare il fenomeno del concorso di condizioni necessarie. Questo per il fatto che cmq in natura nessun evento è mai il risultato di un unico fattore condizionante. Cos’ che, non solo il concorso di condizioni non può escludere la causalità, ma anzi è la stessa causalità: non c’è causa senza concorso di condizioni necessarie. Da questo p. di vista però, se l’art. 41 dovesse essere inteso per tale senso, esso sarebbe inutile nella sua ovvietà => ma evidentemente la norma non può essere intesa come descrittiva di questo dato di fatto della realtà naturale, ma piuttosto come un criterio normativo di imputazione dell’evento ad una condotta.
Così l’art. 41.1 è stato inteso come espressione di una scelta legislativa a favore della teoria dell’equivalenza delle condizioni. Sennonché tale conclusione sembra essere smentita proprio dal 2° comma dello stesso art., il quale parrebbe imporre al giudice di effettuare una selezione tra i fattori determinanti l’evento, escludendo dalla causalità “le cause (condizioni) sopravvenute da sole sufficienti a determinare l’evento”, va inteso come un temperamento, una correzione e integrazione della teoria dell’equivalenza.
Per quanto riguarda “le condizioni da sole sufficienti a determinare l’evento” si deve escludere il riferimento ad una serie causale autonoma, e ciò per almeno 3 ragioni:

1_La serie causale autonoma, proprio perché autonoma, non concorre con le altre condizioni ma si pone in un rapporto di mera con testualità o prossimità cronologica, mentre l’art. 41.2 c.p. intende disciplinare il concorso di condizioni necessarie.

2_Il rapporto tra serie causali autonome non ha mai dato luogo a problemi applicativi di imputazione dell’evento.
3_Se davvero il 2° comma dovesse essere inteso come facente riferimento all’ip. delle serie causali autonome, il 1° comma risulterebbe l’unica norma disciplinante il concorso di condizioni necessarie, con la conseguenza che risulterebbe adottata la soluzione dell’equivalenza delle condizioni senza temperamento alcuno. Mentre tale teoria non è conforme alle esigenze del diritto penale.

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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