Il criterio della capacità a delinquere

La capacità criminale costituisce una caratteristica della personalità del reo, desumibile dal rapporto con cui la personalità si pone rispetto al fatto criminoso commesso.
2 accezioni della capacità criminale:
in un 1° senso => è intesa come l’attitudine del soggetto al fatto criminoso, cioè il grado di appartenenza dell’episodio criminoso alla personalità dell’agente. Quindi in tale senso la capacità criminale guarda al passato.
in un 2° senso => è intesa come l’attitudine del soggetto a commettere nuovi reati. Quindi in tale senso la capacità criminale guarda al futuro.
Le 2 nozioni non coincidono, e anzi uno stesso fatto criminoso può rivelarsi espressione di una capacità criminale  notevole o trascurabile a seconda della accezione assunta.
Parte della dottrina => assume la capacità criminale nella sua esclusiva accezione di attitudine alla commissione di futuri reati.
Altra parte della dottrina + la giurisprudenza maggioritaria => la assumono nella sua “doppia dimensione” rivolta tanto al passato quanto al futuro. In tale prospettiva il giudice dovrà procedere ad un’operazione in un certo senso di ponderazione e contemperamento delle valutazioni concernenti la capacità criminale, e qualora gli esiti del giudizio sulla capacità criminale divergano, si arriverà ad una sorta di totale o parziale loro reciproca neutralizzazione.

La commisurazione della pena ispirata al criterio della gravità del reato è del tutto coerente alla natura retributiva della pena, in quanto ne assicura quella proporzione che costituisce condizione imprescindibile della retribuzione. Ed è altresì coerente con la funzione di prevenzione speciale, in quanto solo una pena non esorbitante può essere avvertita dal condannato come rieducativa.