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Il criterio della capacità criminale

Il criterio della capacità criminale

La commisurazione della pena ispirata al criterio della capacità criminale è del tutto coerente alla funzione di prevenzione speciale della pena, in quanto ne assicura l’adeguatezza quali-quantitativa allo scopo di trattenere il reo dalla commissione di nuovi reati. Ed è altresì coerente con la natura retributiva, in quanto la capacità criminale sia considerata anche nella sua dimensione “verso il passato” di appartenenza del reato alla personalità del reo, così da realizzare la proporzione con la rimproverabilità soggettiva del fatto.

Alla commisurazione della pena, così come disciplinata dall’art. 133 c.p., rimane estranea ogni considerazione relativa alla funzione general preventiva della pena.

Nell’esercizio del potere discrezionale di commisurazione 8in senso stretto), il giudice terrà conto degli indici fattuali espressivi della gravità del reato e della capacità a delinquere così da pervenire ad una quantificazione della pena che sia coerente con gli scopi sia retributivo che special-preventivo della pena. La norma però non fornisce indicazione alcuna sull’ordine di priorità e sui criteri di coordinamento tra criteri finalistico.

In conclusione, la misura della pena corrispondente alla gravità del reato costituisce il limite cmq invalicabile e il criterio special-preventivo della capacità criminale può operare solo “verso il basso” determinando una misura finale inferiore a quel limite. Concezione di fondo di tale orientamento è che:
la retribuzione opera in chiave personalistica contro il rischio di eccessi punitivi;
la prevenzione speciale si pone come lo scopo esclusivo della fase di commisurazione della pena.

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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