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Le obiezioni sul reato impossibile, art. 49.2 e art. 56.1


Si è tuttavia obiettato che:

1.l’art. 49.2 disciplina il reato impossibile, mentre l’art. 56.1 riguarda il delitto tentato: l’ambito del primo si estende dunque alle contravvenzioni e non può coincidere, in negativo, con l’ambito del secondo;
2.l’art. 49.2 menziona l’azione inidonea, mentre l’art. 56.1 esige atti idonei: l’uno richiama dunque una condotta già compiutamente tipica, mentre l’altro si riferisce ad un comportamento  di per sé non conforme alla fattispecie incriminatrice;
3.l’art. 49.2 richiama l’evento dannoso o pericoloso, mentre l’art. 56.1 si limita a parlare di evento: nell’un caso sembra allora entrare in gioco l’evento giuridico del reato, e cioè l’offesa, nell’altro si tratta invece semplicemente di evento naturalistico;
4.non si comprende quale fondamento abbia la previsione di una fattispecie specularmente negativa rispetto a quella del tentativo: per escludere a contrario sensu la punibilità di ogni atto idoneo a provocare il risultato perseguito era certo sufficiente l’art. 56.1 (che per l’appunto postula l’idoneità).
Da questi rilievi si trae la conclusione che l’art. 49.2, riferendosi ad un evento dannoso o pericoloso impossibile per inidoneità dell’azione, impone di riconoscere la non punibilità di atti inoffensivi conformi al tipo. In tal caso, (a differenza che nel tentativo) la valutazione di inidoneità si svolge ex post, e cioè considerando il fatto nella sua dimensione effettuale (per ciò di cui esso realmente consiste).
La tesi suscita tuttavia consistenti perplessità, innanzitutto nelle sua premesse ermeneutiche:

1.il riferimento al reato impossibile è contenuto solo nella rubrica, che non ha valore vincolante per l’interprete;
2.l’uso del termine “azione” si spiega per il fatto che si tratta di un comportamento supposto inidoneo: se si fosse utilizzato il termine “atti” (inidonei), la figura del reato impossibile sarebbe regredita all’infinito (es. sono atti inidonei all’omicidio l’acquisto dell’arma, la sua precedente fabbricazione, la sua progettazione…). Ma poiché l’autore del reato impossibile può essere sottoposto (se pericoloso) a misura di sicurezza (art. 49.4) una simile regressione comporterebbe in sostanza ad una dilatazione incontrollabile del sintomo di pericolosità, che viene invece opportunamente identificato solo con un’azione inidonea, e cioè in un comportamento positivo che già assume un’intrinseca rilevanza tipica;
3.il richiamo all’evento dannoso o pericoloso non è decisivo: anche nell’art. 40.1 si ricorre alla stessa locuzione, ma, trattandosi del nesso causale, non v’è dubbio che essa alluda necessariamente all’evento naturalistico;
4.la ragion d’essere dell’art. 49.2 consiste nella previsione di una misura di sicurezza (art. 49.4): anche come risvolto negativo del tentativo la figura del reato impossibile non può considerarsi inutile.

L’art. 49.2 prevede 2 iporesi di reato impossibile: oltre a quella per l’inidoneità dell’azione (che si vorrebbe ricondurre sul terreno dell’offensività), anche quella per inesistenza dell’oggetto materiale (che costituisce ipotesi di tentativo idoneo). Sarebbe strano che nel contesto della stessa disposizione fossero affiancate 2 fattispecie completamente eterogenee, al punto che l’evento dannoso o pericoloso dovrebbe essere inteso come evento giuridico rispetto alla prima (reato impossibile per inidoneità offensiva dell’azione) e come evento naturalistico rispetto alla seconda (reato impossibile per inesistenza dell’oggetto, dove l’impossibilità concerne innanzitutto il risultato materiale della condotta).
L’art. 49.2 non può dunque essere ricondotto sul piano dell’offesa.
Resta pur sempre il problema dei fatti tipici non offensivi. Posto che non sia ammissibile il ricorso all’art. 49.2, la soluzione dovrà essere ricercata non tanto con una clausola normativa di parte generale, ma utilizzando, rispetto alle singole fattispecie incriminatrici, l’interpretazione correlata al piano dell’offesa. Es. la sottrazione di un oggetto privo di un qualsiasi valore economico non è un furto, perché il concetto di cosa rilevante ai fini dell’art. 624 non può prescindere dalla sua, sia pur minima, consistenza patrimoniale.

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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