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Opponibilità ed effetti del contratto nei confronti di terzi: dottrina francese e inglese


La formula che il codice impiega quanto agli “effetti” non è univoca ma espressa con una terminologia simile e svolta in termini positivi o negativi a seconda della situazione regolata.
Comune a tutte le ipotesi è il rapporto che esiste tra un fatto e l’ampiezza delle conseguenze giuridiche che da esso discendono nei confronti di una generalità di soggetti.
Si tratta di un limite alla loro attuazione espresso da un bisogno di protezione di alcuni terzi ed alla necessità di risolvere i conflitti tra i titoli incompatibili.
Aspetti entrambi che risentono nei vari ordinamenti di fattori ed esperienze diversi.

La dottrina francese

La dottrina francese ha dedicato al tema grande attenzione ed è oramai acquisita la distinzione tra effetto obbligatorio, che concerne le parti, e l’opponibilità, che interessa tutti coloro legati al contratto da una relazione indiretta.
Oppure un contratto a terzi assume il significato, in molti iscritti, di invocarne l’esistenza per impedire che un diritto altrui nasca o ne sia condizionato e la nozione assume contorni tanto generale da potersi definire come la qualità riconosciuta ad un elemento dell’ordine giuridico che si irradia al di fuori del suo cerchio di attività diretta.
L’opponibilità presenta due facce differenti a seconda che si consideri la sua essenza o le condizioni della sua operatività: sotto il primo aspetto la nozione si caratterizza soprattutto per il contrasto con la relatività degli effetti diretti, nell’altro che essa assume rilievo per la conoscenza da parte di terzi del fatto ed è attribuito solo ad alcune situazioni.

La dottrina inglese

A differenza di quanto accade negli ordinamenti continentali, l’esperienza giuridica inglese in materia di circolazione della proprietà non prescinde ma porta anzi chiarissima l’impronta dello stampo feudale.
Nell’ordinamento feudale soggetti diversi godono di interessi coesistenti nello stesso bene, ma non configgenti perché diversi.
Tutte le terre appartengono alla Corona; al Lord spetta la pretesa nei confronti del concessionario legato da svariate relazioni personali (tenure) con obbligo di service.
Nel tempo si attribuisce maggiore libertà al concessionario che non poteva alienare la proprietà ma la sua parte di diritti sull’immobile (estates) e non le cose.
Sino al 1925 l’assenza di una disposizione generale sulla pubblicità è causa di conseguenze gravi.
L’incertezza che da tale sistema deriva per la circolazione dei beni pone in luce l’esigenza di realizzare un sistema capace di garantire semplicità e certezza nei trasferimenti, e a ciò è rivolta la Land law del 1925 con la quale si riduce il numero degli estates possibili e si introduce un sistema di pubblicità degli atti.

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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