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La regola di “prudenza” della laicità


Invero, la flessibilità non si adatta ai diritti di cittadinanza e, men che mai, ai fondamentali diritti della coscienza, la cui tutela non comporta una modulazione addirittura su singole classi o su singoli istituti, che deciderebbero a loro volta a maggioranza.
Essi appartengono in tal misura ai fondamenti costituzionali non negoziabili che reclamano un intervento dello Stato in sede di “norme generali sull’istruzione”.
D’altro canto, in ordinamenti di consolidato carattere federale, questioni del genere vengono affrontate appunto a livello superiore.
Proprio perché il livello della controversia è costituzionale, può essere significativo l’ammonimento finale di questa sentenza: “this is no time to deny the prudence of understanding the Establishment Clause to require the Government to stay neutral on religious belief, which is reserved for the conscience of the individual”.
La regola di “prudenza” è esigita dal fatto che è inevitabile l’effetto “disaggregativo” della religione nella vita pubblica ordinaria e produce come conseguenza la neutralità dello Stato.
Il bisogno di convivenza pacifica esige l’adozione di questa regola.
Che poi si possa arredare, come normalmente avviene per i simboli non religiosi, la nuda parete con immagini od oggetti di genere culturale, è conseguenza degli ordinari criteri normativi e didattici nonché dello spirito creativo degli stessi scolari e della società civile.
Tuttavia, questa esigenza formativa è solo un fatto, che va eventualmente realizzato con mezzi non giuridici, ma politici e culturali, e non già imposto con il diritto medesimo, il quale esige al contrario una “posizione di imparzialità e di equidistanza dello Stato da tutte le identità culturali e, quindi, l’assenza di simboli, laddove non condivisi da tutti gli studenti o genitori di una classe, ovviamente non formata in maniera omogenea sulla base delle preferenze espresse preventivamente in argomento”.
Ed invero, a differenza per esempio dell’istruzione religiosa, il simbolo religioso agisce a livello subliminale e, perciò, è incontenibile perché persuasivo.
L’istruzione tocca la libertà di istruzione e di pensiero e se ne possono, quindi, circoscrivere gli effetti con la previsione della volontarietà del rapporto tra docente e discente.
Il simbolo opera più in profondità, tocca le coscienze.
È la stessa bussola della “prudenza”, allora, a suggerire l’abbandono di un obiettivo formativo, che, come tutti i comportamenti di fatto, è lecito finché è nella misura in cui nessuno insorga, chiedendo l’osservanza rigorosa della norma: e richiamarsi alla legge, non consentendo prassi extra o praeter legem, non significa esercitare un diritto di veto, ma solo reclamare il proprio diritto al rispetto della par condicio di tutti gli utenti del servizio scolastico.
La neutralità del luogo pubblico serve appunto ad impedire che, con l’imposizione di valori di riferimento anche genericamente culturali, si annulli la garanzia del libero spiegarsi delle posizioni di coscienza.

Tratto da EGUAGLIANZA E DIVERSITÀ CULTURALI E RELIGIOSE di Stefano Civitelli
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