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L’art. 241-2 cost.: illegittimità dell’arbitrato obbligatorio


La possibilità per le parti di convenire che una vertenza sia decisa da arbitri, anziché dal giudice, è ammessa pacificamente nel nostro ordinamento per quanto concerne le vertenze in tema di diritti soggettivi (disponibili).
Il codice di procedura civile, nel disciplinare la devoluzione ad arbitri di controversie, non pone limitazioni particolari rispetto alle controversie con una Pubblica Amministrazione.
In passato la Corte di Cassazione escludeva che le parti potessero rimettere ad arbitrato le vertenze devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, perché considerava l’arbitrato come alternativo al giudizio civile.
Tuttavia, la l. 205/2000, nell’estendere la giurisdizione esclusiva, ha previsto che anche le controversie su diritti soggettivi devolute alla giurisdizione esclusiva possano essere risolte mediante arbitrato.
Il codice di procedura civile prevede che la devoluzione ad arbitri di una controversia richieda un accordo fra le parti, di natura contrattuale (“compromesso” o “clausola compromissoria”).
Alcune leggi speciali, tuttavia, hanno previsto talvolta forme di arbitrato obbligatorio.
La Corte Costituzionale ha ritenuto illegittime queste disposizioni, rilevando che, in base ai principi costituzionali, l’esclusione della competenza del giudice può trovare fondamento solo in una scelta compiuta dalle parti: la previsione di un arbitrato obbligatorio risulta in contrasto con l’art. 24 cost., che garantisce l’accesso alla tutela giurisdizionale;

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
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