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La sociologia fenomenologica


L’indirizzo sociologico che muove dal postulato che non c’è “natura” ma tutto è “storia”, polarizza uno studio della criminalità principalmente sulla realtà socio-ambientale (“l’ambiente sociale è il terreno di coltura della criminalità”, “delinquente non si nasce, si diventa”).
Le ricerche nella prima metà del secolo scorso, utilizzando per prime la statistica nello studio della criminalità e studiando l’incidenza del reato in rapporto all’età, sesso, professione, grado di istruzione, condizioni economiche, clima, razza, pervennero alla constatazione di una relativa “costanza” nel numero e nella distribuzione dei reati nelle varie sezioni della popolazione.
Si apriva la strada alla considerazione del delitto come fenomeno sociale generale, e andava così prendendo corpo quel determinismo sociologico, che doveva ben presto trovare il suo equivalente contrapposto nel determinismo biologico di derivazione lombrosiana.
Nell’ambito della sociologia criminale vengono distinti due tipi di contributi per la comprensione dei fatti criminosi, che oscillano tra la fenomenologia e l’ideologia, tra la descrittività e la teoria, e che sono offerti:
1.dalla sociologia fenomenologica;
2.dalla sociologia causale.
La sociologia fenomenologica, con finalità prevalentemente descrittive, si sofferma, mediante l’indispensabile aiuto della statistica criminale, all’osservazione empirica dei modi di manifestazione dei fatti criminosi, delle correlazioni con le circostanze ambientali.
Quando all’andamento quantitativo e qualitativo della criminalità, la considerazione della criminalità globale in ampi spazi di tempo consente di rilevare che sia il numero complessivo dei delitti sia le reciproche proporzioni tra le varie specie di reati si presentano solo relativamente mutevoli.
I mutamenti quantitativi e qualitativi risultano, poi, correlati con eventi macrosociali (guerre, flussi migratori, crisi economiche, mutamenti sociali, ecc…), anche se si avverte che la correlazione dei due fenomeni non dimostra, diverse, l’esistenza di un legame di causalità tra gli stessi.
È comunque generale constatazione che l’aumento della criminalità si accompagna all’espansione dell’industrializzazione ed alla crisi della cultura contadina.
Per quanto riguarda i rapporti tra criminalità ed ambiente fisico, con una certa sopravvalutazione da parte della letteratura del secolo scorso di significato criminologico del fattore fisico-ambientale, si è pervenuti alla formulazione della “legge termica della delinquenza”, per cui i delitti contro la persona sarebbero più frequenti nei climi e nei mesi caldi, mentre i delitti contro la proprietà prevarrebbero nei climi e nei mesi freddi.
Nessuna investigazione ha consentito di rilevare correlazioni univoche tra razza e criminalità.
La maggior delinquenza constatata di certe minoranze razziali viene considerata non più in termini biologici ed etnici, ma piuttosto nel contesto culturale e socio-economico in cui tali minoranze operano.

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