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Le teorie riflessiologiche


E, per finire, vanno anche ricordate le teorie riflessiologiche, dello stimolo-risposta.
Per esse l’uomo va studiato non introspettivamente, a prescindere cioè dai concetti di volontà, di coscienza, di libero arbitrio, e dai processi psicologici e motivazioni conosce e inconscie del suo agire, ma più semplicemente nei modi in cui reagisce, con la propria condotta, agli stimoli ambientali.
Secondo la psicologia del comportamento, che ha dato il più largo sviluppo alle suddette teorie, tutta la psicologia deve ridursi allo studio del comportamento.
Muovendo dall’ipotesi fondamentale per cui la reazione (comportamento) viene indirizzata dall’individuo a seconda di come l’ambiente la contrasta, la ricompensa o la rafforza, attraverso un enorme massa di osservazioni sperimentali si è costruita una completa teoria del comportamento.
Suo nucleo è che ogni risposta dipende dall’ambiente; è inutile, pertanto, invocare tendenze innate, eredità, attitudini individuali, libera volontà per spiegare il comportamento del soggetto che costituisce una risposta del tutto regolare: in circostanze il goal di tutti gli individui che reagiscono agli stimoli esterni in modo eguale.
Per quanto riguarda la criminalità, la psicologia comportamentalistica è stata utilizzata, più che per ricercare modelli teorici miranti a individuare le cause del comportamento criminoso, per finalità pratiche, cioè per trovare le tecniche di modificazione del comportamento criminale in comportamento conforme alla legge, che hanno trovato impiego anche negli istituti carcerari e correzionali.
Un’utilizzazione teorica in campo criminologico si ebbe con la teoria della frustrazione-aggressione, la quale ritiene che l’aggressione sia sempre la conseguenza della frustrazione (cioè della tensione psichica provocata dalla mancata soddisfazione di determinati bisogni per ostacoli esterni) e che la risposta aggressiva sia costantemente rafforzata dal ripetersi delle situazioni frustranti.
Quanto più una società propone mete complesse, sempre più numerose e senza limiti o utopistiche, tanto più sarà difficile o impossibile conseguirle e tante più situazioni frustranti si realizzeranno.
L’aumento di aggressività nelle società consumistiche è visto come la conseguenza di una sempre maggiore quantità di frustrazioni, per eccesso di stimoli appetitivi, ed è tanto maggiore quanto più sfavorevoli sono le condizioni socio economiche dei soggetti.
Di tale teoria è stato rilevato il valore limitato ai fini della comprensione del fenomeno criminoso, sia perché soltanto una parte della delinquenza è di tipo aggressivo, sia perché la frustrazione non sempre provoca aggressività, ma a seconda della personalità o della situazione può anche provocare una reazione di inibizione o di regressione.

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