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La tecncia dell'esecuzione indiretta

La tecncia dell'esecuzione indiretta


Ma, in astratto, è configurabile un modo per garantire maggiormente la tutela di situazioni di questo tipo: ci riferiamo alle c.d. misure coercitive o, se si vuole, alla c.d. esecuzione indiretta.
La tecnica dell'esecuzione indiretta è diversa da quella dell'esecuzione for­zata perché diversa è l'aspettativa dell'ordinamento rispetto al comportamento dell'obbligato. Nell'esecuzione forzata si punta a realizzare il credito facendo a meno del comportamento dell'obbligato, per cui in essa si presuppone proprio un inerzia, una totale mancanza di cooperazione da parte dell'obbligato. Nel­l’esecuzione indiretta, invece, non si fa a meno del comportamento dell'ob­bligato, ma anzi l'ordinamento continua ad ancorarsi ad esso per la realizzazio­ne del credito: approntando una misura coercitiva la legge non fa altro che pre­vedere una conseguenza negativa, di natura civile o penale, per l'obbligato che non adempie.
Insomma in questo secondo caso la cooperazione dell'obbligato è ulteriormente cercata dal sistema e, se così si può dire, stimolata dalla minaccia di un male per il caso della sua mancanza.
È ovvio che una simile tecnica è utile soprattutto quando ci si trova di fronte ad obblighi infungibili, quindi a situazioni per le quali la tradizionale esecuzio­ne forzata si rivela un'arma spuntata. In Italia, invece, non abbiamo una analoga previsione di carattere ge­nerale, trovandosi qualche previsione di misura coercitiva solo di carattere par­ticolare.
Si pensi, ad es. alla misura coercitiva di carattere penale prevista nell'art. 28.4 dello Statuto dei lavoratori in funzione dell'ottemperanza da parte del datore di lavoro del provvedimento col quale il giudice ordina la cessazione della condotta antisin­dacale.


Tratto da PROCEDURA CIVILE di Beatrice Cruccolini
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