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I bombardamenti inglesi e americani - 1942 -




Gli inglesi, nella memoria degli italiani colpiti dalle bombe, sono associati alle lunghe ore della notte nei rifugi. Cercano obiettivi, buttano bombe qua e là, girano sulla città con una certa flemmaticità. In contrapposizione gli americani buttano mucchi di bombe, arrivano in tanti e all’improvviso scaricano e fuggono.
Nella memoria dell’autunno del 1942 gli inglesi spariscono e la guerra diventa solo americana. La responsabilità dei bombardamenti a tappeto è attribuita a loro. Per i napoletani gli inglesi rimasero gentlemen della prima parte della guerra e gli americani i protagonisti della guerra aerea terroristica.
Uno primi massicci bombardamenti fu quello del 4 dicembre 1942. Al ricovero di via Porta San Gennaro molti morirono soffocati per l’eccessivo affollamento all’ingresso.
Un’altra incursione di brevissima durata ma impressionante per le conseguenze avute fu quella dell’11 gennaio 1943 che fece crollare alcuni palazzi delle zone residenziali di piccola e media borghesia fra piazza Mazzini e il Vomero.
Siamo in presenza di gruppi sociali più colti e più agiati ed è per questo forse che può partire la denuncia anonima spedita direttamente al duce e inviata quindi dal ministro degli Interni alla prefettura di Napoli con la richiesta di spiegazioni.
L’incursione del 26 gennaio 1943, invece, colpì la città sia di mattina che di sera.
Da ricordare è anche la data del 28 marzo quando intorno alle 17 nel porto di Napoli saltò in aria la barca Caterina Costa. L’esplosione ha causato considerevoli danni nel porto e nel centro della città. Si registro che fu impossibile stabilire le perdite di personale. La nave si incendiò alle 14:10 e scoppiò alle 17:30. La popolazione non fu messa in allerta e venne colta per strada o nelle case da una spaventosa pioggia di proiettili e di relitti che si riversarono su tutta la città.
L’episodio è, insieme al bombardamento del 4 dicembre 1942, uno dei più vivi nella memoria cittadina. I racconti del tempo e quelli dei testimoni riportano la dimensione di eccezionalità e di stupore che circondarono la catastrofe.
Come spiega Amedeo Maiuri (Sovraintendente Archeologico della Campania di quel periodo e autore del “Taccuino napoletano”) il giorno dopo l’esplosione della Caterina Costa circolavano le voci più strane e mirabolanti: un carro armato lanciato dalla forza dell’esplosione sul tetto di una casa, come un bolide pauroso piovuto dal cielo; lamiere di qualche tonnellata finite sul piazzale della ferrovia e sull’autostrada; il tetto della chiesa del Carmine crivellato della caduta dei proiettili, distaccato dalle armature di sostegno e precipitato rovinosamente sul pavimento; la caldaia del piroscafo in fiamme scagliata in mezzo a via Duomo; finestre e balconi divelti fin sul Vomero e a Capodimonte. Qualcuno raccontò di uomini che volarono come aucielli per aria.

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