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Morin e natura ambivalente della pubblicità




La pubblicità ha bisogno di fondarsi su conoscenze scientifiche, e deve utilizzare ricerche motivazionali per conoscere i propri utenti; inoltre attraverso le ricerche mira a conoscere l’andamento del mercato, ma nello stesso tempo cerca di mantenere il segreto sulle sue indagini. La pubblicità si dispiega quando c’è distanza tra produttore e consumatore, e quest’ultimo ha bisogno di stimolare il consumo; fiorisce quindi dove c’è produzione industriale di beni di consumo.
Morin analizza due coppie di elementi concettuali che possono spiegare il funzionamento della pubblicità: da una parte la coppia informazione/incitamento, dall’altra la coppia ripetizione/innovazione. Se l’informazione può essere considerata come ciò che in un messaggio è nuovo, le info di base che il mittente fornisce al destinatario, e la ripetizione il fattore primario dell’incitamento, si può pensare che queste ultime due si confondano tra di loro: la ripetizione è così un modo di moltiplicare l’informazione per pubblici differenti mentre si ottiene un effetto di incitamento sullo stesso pubblico. Per quanto riguarda l’innovazione, questa deve giocare sia al livello del prodotto, dove deve significare quindi continuo progresso, sia al livello della propria efficacia, per rinnovare sempre il messaggio.
La pubblicità si sforza con tutti i mezzi di eccitare il desiderio della merce, e ha compreso immediatamente che bisognasse introdurre nella merce qualità libidinali non necessariamente ad essa intrinseche: il produttore le introduce nell’estetica del prodotto, il pubblicitario nell’associazione del messaggio. La pubblicità utilizza dunque l’attrattiva estetica, che mescola all’attrattiva ludica e alla desiderabilità erotica: un intero settore pubblicitario si sforza di divertire, attirando l’attenzione del pubblico riconoscente per il divertimento provocatogli.
L’altra via molto importante per risvegliare il desiderio è quella dell’eros: ma se è utile erotizzare le merci, è pur vero che non tutte si prestano all’erotizzazione; e inoltre quest’ultima non è soggetta solo a limiti (come la censura), ma anche pericoli, rischiando di suscitare la sofferenza più che il piacere del desiderio, e di deviare sull’eros vero e proprio il piacere che invece dovrebbe far deviare sulla merce. Nel frattempo, la pubblicità deve impegnarsi anche a adulare il consumatore, sottolineando il suo individualismo; e nello stesso tempo però lo rende schiavo, sottomesso al mondo del consumismo. Possiamo andare ad analizzare quindi l’evoluzione della pubblicità, in tre diverse ere: nell’era primaria c’era bisogno di beni di prima necessità, e la pubblicità era fondata essenzialmente sull’informazione del messaggio e sulla sua ripetizione; nella seconda era, quella del progresso, si doveva comunicare l’innovazione, e favorire l’incitamento; la terza era è infine quella dello sviluppo, privilegia prodotti che riguardano la personalità individuale; finiamo in un universo in cui tutti i prodotti hanno una qualità magica, e la pubblicità è fautrice della coazione al consumo: l’azione pubblicitaria è mirata a trasformare il prodotto in droga, in modo che il suo acquisto-consumo procuri l’immediata euforia e sollievo, ma comporti l’asservimento; il messaggio deve sia eccitare che turbare, far pregustare il prodotto e obbligare il consumatore all’acquisto.

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