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Gli inizi delle lettere cristiane in Occidente


A ROMA. In Occidente il cristianesimo si diffuse in ritardo, data la maggiore distanza dai centri di irradiazione. Eccezione fatta, naturalmente, per Roma. La prima conseguenza fu che la prevalente matrice orientale del cristianesimo fece sì anche anche in Occidente i cristiani si esprimessero in greco. In greco erano scritte la lettera di Clemente, il Pastore di Erma. Sotto Marco Aurelio due importanti testi agiografici: il racconto epistolare delle violenze subite dai cristiani di Lione e Vienne e alcuni Atti, da cui apprendiamo del martirio dell'apologista Giustino.
Negli anni 30 sempre in greco si esprime lo Pseudo – Ippolito, autore dell'Elenchos, una vasta opera di contenuto eresiologico che è fonte preziosa per le notizie su molte sette gnostiche. La fede dello Pseudo – Ippolito, che professava la divinità di Cristo come Logos di Dio personalmente distinto dal Padre e a lui subordinato, gli valsero le accuse di diteismo; a Roma era molto forte all'epoca la confessione monarchiana.
L'unico rappresentante significativo nella Roma cristiana della seconda metà del III secolo fu Novaziano, che per primo adottò il latino. La comunità romana si latinizzò tra la fine del II secolo e la prima metà del III secolo.

IN AFRICA. In Africa la latinizzazione della chiesa era stata molto più sollecita. Non sappiamo se i missionari che importarono a Cartagine e altrove la nuova fede provenissero da Roma o dall'Oriente ma è certo che verso la fine del II secolo la lingua ufficiale era quella latina. All'inizio di questa attività letteraria possiamo ipotizzare la traduzione, dal greco, della Sacra Scrittura, o forse solo dal NT, dato che per l'AT, avevano già provveduto gli ebrei.
Sappiamo ben poco di queste antiche versioni latine del testo sacro, la cui pedissequa fedeltà al testo greco sembra quasi fare sistematica violenza alla norme della corretta latinità sotto l'aspetto lessicale e sintattico. Restiamo in ambiente popolare con gli Acta dei martiri scillitani che hanno una trama semplice e uno scarno dettato di tono protocollare. Contrastano molto con la Passio di Perpetua, Felicita e altri, di qualche anno successiva. Alla base c'era un resoconto autobiografico di Perpetua in carcere e poi integrato da altri dati. Ne risulta un racconto ampio e mosso, ricco di svariati dettagli, pervaso di intensa drammaticità e di toccante pathos, tutto unito dalla fortissima personalità della protagonista. La coeva letteratura latina pagana non offriva altrettanti fulgidi esempi.
In Africa dobbiamo segnalare due caratteristiche importanti in merito alla latinizzazione:
1.l'impegno apologetico 
2.l'accuratezza formale
Africani furono Tertulliano, Arnobio, Cipriano e Minucio. Tutti sono accomunati dalla ricerca della bella forma, dell'effetto millimetricamente calcolato, quasi a voler strappare al lettore il plauso.

Tratto da LETTERATURA CRISTIANA ANTICA di Gherardo Fabretti
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