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Ricordi di un impiegato



1920 stesura= rielaborazione diario 1910-1911

1927 pubblicazione postuma


Con gli occhi chiusi (1919) e Ricordi di un impiegato (1920) sono due opere che collocano Tozzi tra i maestri europei del secolo. Lo scontro di Pietro con suo padre nel primo romanzo, e quello di Leopoldo con la famiglia nel secondo, possono apparire come episodi dell’eterno conflitto tra le generazioni dei padri e quelle dei figli; in verità, in queste storie, si rivelano due mentalità inconciliabili: una che impone le proprie ragioni con la violenza e una che creca la via della liberazione.
Questo romanzo può essere considerato a fatica un vero e proprio romanzo, a causa della sua brevità e della forma in cui è scritto: un diario.
Ma attraverso le pagine di quest’ultimo il lettore viene a conoscenza prima delle emozioni e degli stati d’animo di Leopoldo, giovane protagonista del romanzo, e poi, dopo il suo trasferimento a Pontedera per lavorare come ferroviere, iniziamo a entrare nel vivo della storia poiché i racconti che fa al suo diario indicano il susseguirsi delle giornate e contengono in sé il ritmo della storia e della narrazione.
Dopo cinque anni di ozio Leopoldo, deriso persino dalle sue sorelle più piccole, viene mandato dal padre a lavorare in una stazione ferroviaria. L’amore per Attilia, l’unico mestiere che gli occupava l’animo, era mal visto dalla sua famiglia (lite silenziosa per questo amore) a causa della sua giovane età: aveva solo 20 anni.
Appena arrivato a Pontedera viene da subito considerato un impiegato inetto e diventa la burla della ferrovia (triste, preso in giro da tutti):
“Passo i giorni in un’angoscia, che non ha rimedio”.
“E mi domando che cosa significa vivere”.
“Lo struggimento e l’oscurità del mio animo mi faceva tenere gli occhi chiusi”.
Tenta di integrarsi ma non ci riesce finchè non viene a sapere che Attilia, gravemente malata, sta molto male e che gli è nata una sorellina. Con la scusa della nascita riesce a ottenere tre giorni di permesso per tornare a Firenze, ma promette a se stesso di non fare più ritorno a Pontedera.
Prima di arrivare Attilia muore (immagine di Leopoldo che davanti al suo cadavere chiude gli occhi) e quando torna a casa, senza spiegare nulla alla famiglia, chiede che alla nascitura venga messo il nome di Attilia. I genitori acconsentono a patto che lui non si confonda più la testa con una ragazza e lo aiutano a farsi trasferire a Firenze.

Analisi del testo:

“Mentre negli spazi della mia esistenza passa l’ombra della morte, e io chiudo gli occhi per non vederla e, qualche volta, ho paura di non aprirli più”- 

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