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Laurence Olivier e la terza via al cinema


L'atteggiamento dei critici e degli studiosi, spesso costellato di mugugni, deve ad un certo punto fare i conti con gli echi suscitati da due film di Laurence Olivier: Enrico IV (1944) e Amleto (1948). C'è qualcuno, infatti, che basa proprio su tali risultati la dimostrazione della speciosità di ogni tipo di distinguo ed esalta la fulgente cinematograficità di testi teatrali ripercorsi da chi, fondendo insieme le due arti, riesce ad esaltarle ambedue. Per escludendo da presente intervento il rapporto Shakespeare e il cinema, i due esiti oliveriani meritano un breve approfondimento.
Olivier aveva detto a proposito del suo Enrico IV: Shakespeare anticipava la tecnica dello schermo, impaziente com'era e come si dimostra in molti drammi delle limitazioni paralizzanti del palcoscenico. Il coro dell'Enrico IV quasi invita alla creazione del film.

Guido Aristarco sostiene che nel cinema di Olivier si trovi una terza via, un modo di filmare che va oltre i canoni che sembravano intoccabili, un linguaggio espressivo basato sul montaggio senza taglio, preludendo così al piano – sequenza e lasciando aperte nuove porte. Aristarco compie dei distinguo importanti: si dissocia per esempio dalla dichiarazione di Olivier e sostiene che il vero cinema non consiste soltanto nel fatto di superare le limitazioni imposte dal teatro, le quali non sono paralizzanti sul piano dei risultati artistici; opinioni contrarie a questa inducono ad una errata interpretazione del movimento, teso senza dubbio nel suo significato più esterno che interno, più meccanico che psicologico. Ne deriva, pur considerando la natura del motion picture, che l'artisticità di Henry V, come quella di Hamlet, non può essere giudicata in proporzione al valore cinematografico del film, non essendo il valore, condizione necessaria e sufficiente per ritenere una pellicola buona o cattiva, riuscita o non. E così si ritorna al concetto principale della concomitanza e della contaminazione, non della gerarchia.

Tratto da CINEMA E TEATRO TRA REALTÀ E FINZIONE di Gherardo Fabretti
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