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Perquisizioni e torture: i racconti della guerra in Iraq

Perquisizioni e torture: i racconti della guerra in Iraq 

I racconti della guerra in Iraq non trascurano il tema delle perquisizioni e delle torture. Una delle scene più classiche dei documentari e film che parlano di questa guerra (e nel documentario Occupation Dreamland ne abbiamo la testimonianza in presa diretta) è quella dei soldati che in piena notte fanno irruzione nelle case irachene cercando presunti terroristi e armi. Tra le urla di donne e bambini, i soldati portano via, incappucciati, gli uomini della famiglia:
Guernica in qualche modo mi ricorda l’Iraq. I colori cupi, i grigi, le donne con le braccia sollevate, quell’espressione dei volti che chiede “perché?” mi ricordano le incursioni che facevamo nella case, le donne irachene spaventate in un angolo, che tenevano stretti i loro bambini, anche loro in lacrime, mentre perquisivamo le abitazioni.

Uno dei soldati intervistati in Occupation Dreamland riflette:
Come reagirei se dei soldati iracheni sfondassero la porta della mia casa di Chicago nel cuore della notte? Li aspetterei con le armi in pugno!

E un militare scrive a M. Moore:

Eravamo partiti pensando di proteggere il popolo iracheno e quello degli Stati uniti dal terrorismo. Quando in verità i terroristi siamo noi.
Nel film Green  Zone viene rappresentata la prigione di Camp Cropper, dove viene portato uno dei generali di Saddam, torturato e ucciso dalle forze speciali perché non rivelasse alla Cia la verità sulle armi di distruzione di massa.  Greengrass rappresenta la prigione mostrando prigionieri incappucciati, con un sottofondo di urla (che fanno intuire torture) e ululati di cani. Di Abu Grahib si parla invece in No End in Sight, sottolineando come le torture perpetrate a danni di innocenti producano una forte escalation nell’opposizione irachena all’occupazione americana, fomentando rivolte. Anche un soldato che scrive a M.

Moore lo  sostiene:

Un paese che non nascondeva alcun campo di addestramento per terroristi ora invece ne pullula.
Il documentario Iraq for sale dimostra come proprio ad Abu Grahib vengano impiegati per gli interrogatori uomini della milizia privata, che, come già detto, a differenza dei militari non possono essere perseguiti se uccidono o torturano un prigioniero. Sempre nello stesso testo si parla degli interpreti privati utilizzati negli interrogatori, spesso impreparati ed incapaci di tradurre dall’arabo.

Tratto da LA MISSIONE AMERICANA IN IRAQ di Isabella Baricchi
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