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La conoscenza di Dio per vestigium: Capitolo II

Se nel primo grado dell’ascesa a Dio, l’uomo poteva contemplare e conoscere Dio attraverso le sue tracce (per vestigia), nel secondo può contemplare e conoscere Dio nella realtà sensibile stessa, nella creazione stessa (ovvero in vestigiis), che entra in contatto con la nostra anima attraverso i sensi corporei.

Il mondo esterno, dunque, penetra nella nostra anima attraverso la porta dei cinque sensi, in modo che essa venga a contatto con le realtà sensibili per mezzo dell’apprendimento, del diletto ed del giudizio. Vediamo ora in che modo. Nella creazione esistono tre generi di realtà: realtà atte a generare (i corpi semplici: corpi celesti e quattro elementi), realtà generate (corpi composti di elementi: minerali, vegetali, animali, corpi umani) e realtà atte a governare sia le une che le altre (sostanze spirituali: sia quelle inseparabilmente congiunte ai corpi, come quelle degli animali, sia quelle congiunte ai corpi così da potersene separare, come le anime razionali, sia quelle interamente separate dai corpi, come gli spiriti celesti ai quali è affidato il compito di muovere i corpi celesti e di governare l’universo).

Ora, nella fase dell’apprendimento, tutte queste realtà sensibili penetrano nella nostra anima non nella loro sostanzialità, ma con un’immagine generata dall’oggetto e filtrata attraverso i cinque sensi che ne favoriscono l’apprendimento. Se l’oggetto appreso è conveniente, provoca diletto. Esso nasce dalla giusta proporzione tra l’immagine e l’organo di senso, grazie al quale l’immagine viene percepita come bella, gradevole, salutare o meno.

Dopo l’apprendimento e il diletto, ha luogo il giudizio. Esso non solo permette di giudicare se una cosa è bianca o nera, se è salutare o nociva, ma permette anche di discernere il motivo per cui una cosa provoca diletto e di darne ragione.

Queste tre funzioni lasciano intravedere le vestigia della presenza di Dio nella creazione: infatti, nel momento dell’apprendimento, l’immagine appresa è generata dall’oggetto, e questo atto dell’oggetto riflette l’atto generativo con cui il Padre ha generato il Verbo, sua Immagine eterna. Nel momento del diletto, l’immagine sensibile che provoca in noi diletto, in quanto è armoniosa, soave e salutare, ci spinge a desiderare Dio che, proprio perché pienezza di armonia, soavità e salubrità, è fonte della gioia perfetta. Ma alla conoscenza speculare di Dio, Verità eterna, ci conduce in maniera più eccellente il giudizio. Il giudizio infatti avviene secondo un criterio che, non dipendendo né dallo spazio, né dal tempo, né dal divenire, non può dipendere né da colui che giudica, né dalla cosa giudicata (perché entrambi soggetti al mutamento e definiti spazialmente e temporalmente), ma soltanto da Dio (perché immutabile ed eterno).

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