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Un esempio di interpetazione petrarchesca


Analizziamo il passaggio dal poeta all'interprete. Dobbiamo innanzitutto guardare a Leopardi poeta fino e non oltre il lavoro di commento al Petrarca, quindi fino al 1825. L'incontro – scontro con le Rime petrarchesche sollecita ricordi e suscita emozioni; qualche traccia la troviamo nelle chiose.
Facciamo un esempio. Leopardi espande un'espressione petrarchesca ricordando un verso dell'Ultimo Canto di Saffo (maggio 1822). Nella poesia di Petrarca si dice: Quand'io mi volgo indietro a mirar gli anni / c'hanno, fuggendo, i miei pensieri sparsi. Nel commento a Petrarca i pensieri sono commentati così: hanno dissipate, sparse al vento, le mie cure e le mie speranze. Cure e speranze non compaiono in Petrarca ma commentano i versi dell'Ultimo Canto di Saffo: Oh cure, oh speme / de' più verd'anni. I pensieri sono cure ma anche speranze destinate a cadere di lì a poco col declinare della giovinezza.
Un altro esempio è quello tra Italia Mia di Petrarca che recita “andando al fiume per dissetarsi non bevve più acqua che sangue” e All'Italia di Leopardi: “ve' come infusi e tinti / del barbarico sangue i greci eroi. Un barbarico sangue che torna anche nel Vincitore nel pallone.
C'è addirittura il caso in cui Leopardi commenta liberamente Petrarca. Le parole morte di Petrarca Leopardi le prende per parole disperatre, parole di dolore mortale, facendo sì che l'angoscia personale detti il crescendo drammatico al di là dell'intenzione petrarchesca.
Insomma, una straordinaria duttilità quella di Leopardi che smentisce l'idea di un commento come mero esercizio di trasposizione meccanica, restituendo più l'idea di una complessa illuminazione con punte di istruttivo travisamento poetico.

Tratto da LEOPARDI INTERPRETE DELLE RIME PETRARCHESCHE di Gherardo Fabretti
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