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Il cinema come narrazione per immagini




Scopo di questo capitolo è mostrare come il privilegio che la semiotica del cinema ha accordato alla dimensione narrativa del testo filmico e, di contro, la difficoltà che ha incontrato nel definire e nel trattare operativamente gli aspetti propriamente visivi del film, non sono dovuti allo sviluppo particolare e/o accidentale di tale disciplina, che la ha portata a privilegiare la dimensione narrativa, essendo piuttosto la conseguenza diretta e logica dei suoi stessi fondamenti.
Il cinema nella sua forma generale è una narrazione per immagini. Questa affermazione comporta in realtà due enunciati:
1) al cinema delle immagini si danno a vedere;
2) esse raccontano una storia.
L’enunciato 2) presuppone naturalmente l’enunciato 1): senza immagini che si danno a vedere, nessuna storia. Ma non è altrettanto automatica l’accettazione di un rapporto di implicazione dei due enunciati, cioè: se delle immagini si danno a vedere, ciò comporta necessariamente una narrazione. Mentre la semiotica gremaisiana1 – per la quale ogni forma testuale possiede necessariamente una dimensione narrativa – da una posizione forte ed esplicita a questo problema, più sfumata e più pragmatica appare la posizione assunta implicitamente dagli studi narratologici applicati al cinema, che può essere esplicitata così: per i testi di cui si dà analisi narratologica vale il rapporto di implicazione tra l’enunciato 1) e l’enunciato 2); in questo caso dunque ad un asserzione di carattere generale e teorico, viene sostituita un’asserzione di carattere principalmente operativo.

Tratto da SEMIOTICA DEI MEDIA di Nicola Giuseppe Scelsi
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