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Caratteristiche delle fonti orali


Le fonti storiche si possono suddividere in primarie e secondarie; in visive, scritte e orali; in dirette e indirette, in scritte e non scritte. La storia della storiografia, insomma, si può leggere anche come una storia della dilatazione del concetto di fonte. La storiografia che usa le fonti orali non è da trascurare, poiché è in grado di portare alla luce certe memorie trascurate o differenti, per cui l'immagine di un determinato periodo o avvenimento può risultare diversa da quella abitualmente ricordata; in questo senso le fonti orali possono avere caratteristiche destabilizzanti. Possono riguardare uomini illustri o meno, adoperare vari tipi di linguaggio, dialetti compresi. Le fonti orali permettono di affrontare argomenti che la difficoltà della consultazione delle fonti ufficiali, come gli archivi accessibili solo dopo un certo numero di anni, rende impossibili o molto difficili o incomplete. Il documento di memoria è diventato così un oggetto di studio indispensabile alla comprensione di certi avvenimenti. I primi interessi per la testimonianza orale in Italia risalgono agli anni Trenta. Nel dopoguerra prendono corpo tre filoni principali:
- ricerca sulla storia locale
- autobiografia
- studio sui rapporti tra razionalità e magia
Una pietra miliare sulle fonti orali è stata posta nel 1976 a Bologna durante il convegno Antropologia e storia: fonti orali.

I RICORDI DEGLI ANZIANI COME FONTI ORALI. Le fonti orali permettono di instaurare un rapporto diverso con il passato, con la storia sociale e con i meccanismi della soggettività individuale e collettiva. Sono state adoperate per intervistare protagonisti e testimoni della storia contemporanea; per conoscere direttamente le vicende del mondo dei vinti, ma anche di quello dei privilegiati; per raccogliere notizie su popolazioni e classi sociali prive di scrittura o escluse dalla documentazione scritta tradizionale; sulla storia locale, l'alimentazione, il vestiario eccetera. I ricordi scolastici non fanno eccezione e sono
particolarmente importanti perché fanno parte della memoria condivisa da un gruppo.

Tratto da STORIA DELLA PEDAGOGIA di Gherardo Fabretti
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