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Il passaggio da pedagogia a scienze dell'educazione


Il discorso avanzato dalla tabella XV era in sintesi: la Pedagogia non è tutto il mondo sulla riflessione educativa ma ne è una parte, sia pure importante, perché si occupa degli aspetti più inerenti all'educazione stessa, cercando di capire che cosa essa sia, a prescindere dai suoi rapporti e dalle influenze del contesto sociale e politico, dagli individui che lo popolano e che fanno interventi educativi.
Per poter fare al meglio questi interventi è necessario conoscere chi li fa, dove e quando vengono fatti, le pressioni che subiscono nel farli, le competenze che hanno e quelle che si pensa che debbano avere per farli al meglio, i contenuti più consoni per farli, e così via. Tutto ciò comporta individuare e chiamare in causa per la funzionalità formativa discipline che risultano, di principio, infinite, ma che, nella pratica, si danno come psicologia, sociologia, antropologia, medicina, con tutte le loro possibili articolazioni.
Tale scopo venne certamente raggiunto, ma anche travalicato, dando vita ad un arruolamento quasi indiscriminato di discipline ritenute senza incertezze scienze dell'educazione e rinforzò le pretese di fondazione autonoma, ex novo, delle articolazioni operative della Pedagogia, come la Didattica e la Pedagogia sperimentale, la docimologia e la tecnologia dell'istruzione. Purtroppo si finì per dimenticare la pedagogia.
L'altra motivazione della trasformazione ha le radici nella trasformazione cui si è accennato e in particolare al superamento della stessa Pedagogia, ha le radici nella tradizione che insiste nel considerare la Pedagogia come ancella della Filosofia, come stava a dimostrare il curriculum del corso di laurea in pedagogia, occupato manu militari dalla Filosofia.
Se da tutto ciò è emerso che la scienza dell'educazione aveva bisogno di intrecciare una fitta rete con le discipline e i saperi più vari, aveva altresì bisogno di avere una sua fonte e precisa identità proprio per non perdersi nelle molteplici relazioni che riusciva ad intessere. La pedagogia in collaborazione, per dire, con la psicologia, non doveva diventare psicologismo. Occorreva riconoscersi come scienza dell'educazione che sa difendere logicamente il suo oggetto, i suoi metodi, la sua teoria senza ricorrere a nessuna altra scienza. La Pedagogia è la scienza dell'educazione perché lo è logicamente. Se è così allora non possono esservi più le scienze dell'educazione, che è da intendersi come espressione metaforica tesa a suggerire una vasta rete con vari nodi e che rappresentano gli incroci delle varie articolazioni operative della scienza dell'educazione. La pedagogia come scienza dell'educazione è da considerare il punto di avvio e continua alimentazione della rete.
Qualsiasi ricerca storica sull'oggetto della Pedagogia chiama sempre in causa la Pedagogia, al punto che si dovrebbe sempre parlare di Storia della Pedagogia o, per meglio dire, Storia della Pedagogia come scienza o, meglio ancora, come Storia della scienza dell'educazione. Non pare che si possa fare ricerca in educazione senza chiamare in causa sia direttamente sia in rapporto figura – sfondo, la Pedagogia come scienza dell'educazione.
E questo perché non è possibile parlare di un oggetto di scienza senza chiamare in causa la scienza di cui è oggetto. La storia dell'educazione dunque non può che essere storia della pedagogia, che è la scienza di cui l'educazione è oggetto. Quindi la dizione storia dell'educazione è da vedere come pregnante metafora che deve essere sempre accompagnata dalla consapevolezza della sua ambiguità denotativa. Ogni ricercatore di storia della pedagogia ha la precisa consapevolezza che non potrà fare ricerca se non ha messo a punto una difendibile teoria sull'identità scientifica della Pedagogia.

Tratto da STORIA DELLA PEDAGOGIA di Gherardo Fabretti
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