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Le diverse posizioni sull'argomento mafia


La posizione di

Antonio Labriola


Aveva avviato un'analisi della diffusa corruzione amministrativa nel Comune di Napoli, all'origine di occulti e fruttuosi legami tra classe politica e burocratica municipale, e camorra, costruiti sugli interessi per appalti e scommesse.

La posizione di

Filippo Turati


Con lui la cultura marxista finisce in parte con il riassorbire il problema delle organizzazioni criminali di tipo mafioso all'interno di uno schema interpretativo generale dei processi degenerativi, in particolare di pauperizzazione urbana, legati allo sviluppo e alle trasformazioni proprie delle società industriali – capitalistiche. Il problema della povertà era da ricondurre quasi sempre alle dinamiche del sistema produttivo capitalistico, alle politiche di sfruttamento della forza – lavoro e non a tare antropologiche costitutive degli individui (meridionali nella fattispecie) fin dalla nascita. Un discorso, quest'ultimo, strettamente aderente a quello di Mosca, che sosteneva che la mafia non è questione di eredità o razza.

La posizione di

Napoleone Colajanni


Nel Trattato di sociologia criminale interpreta il fenomeno della mafia come manifestazione delinquenziale tipica delle aree a forte depressione economica.

Antonio Gramsci


Pur avendo chiara la consapevolezza della pericolosa portata dei fenomeni di corruzione che si andavano annidando all'interno delle strutture amministrative dello Stato, finirà col far prevalere, rispetto alla questione mafiosa, la prospettiva rivoluzionaria dello scontro fra la possidenza (latifondistica in Meridione) ed il fronte ricomposto contadini – classe operaia.

Tratto da STORIA DELLA PEDAGOGIA di Gherardo Fabretti
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