Cos'è il mito
                                    Da muqos, racconto. Mito è narrazione, ha a che fare con il dire. Già all’origine non è fisso, prevede varianti.
Mito anche come mistificazione, falsa coscienza, idea che “senza non vivo”.
Già gli autori classici usavano il mito con diverse interpretazioni a seconda dello scopo, per esempio un diverso rapporto con il potere.
Attraverso studi di antropologia si vede che l’uomo è portato a farsi domande su diversi aspetti, come il tempo. l’uomo antico non poteva che guardare verso l’alto.
Ad un certo punto il mito viene meno: il cristianesimo medievale sopprime l’apparato mitologico, e il mito resta in pittura come retaggio dell’antico testamento. 
Le agiografie stesse, come le festività, sono spesso innestate su riti pagani.
Il rinascimento traduce e riporta alla luce i miti. 
Nel 700 il mito è usato per fare un discorso razionale e democratico.
Il mito è visto anche come elemento di poesia, lirico: è così che viene recuperato nel Romanticismo. 
Feud riprende gli aspetti archetipici per recuperare elementi della coscienza presenti da sempre, che rimossi si ripresentano nell’inconscio e nei sogni.  
Jung alimenta poi l’idea dell’immaginario collettivo, una traccia che persiste nel tempo.
Il mito segnala anche lo scarto rispetto a ciò che rappresenta. L’arte è anche altro dalla norma: da un lato la riflette, dall’altro se ne discosta.
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Dettagli appunto:
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                                Autore:
                                Federica Maltese
[Visita la sua tesi: "Forme di un sacrificio: Alcesti in Euripide, Yourcenar, Rilke e Raboni"]
 - Università: Università degli Studi di Torino
 - Facoltà: Lettere
 - Esame: Letteratura tedesca
 - Docente: Anna Chiarloni
 
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