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Caratteri del Satyricon di Petronio


Il Satyricon è il primo di soli due romanzi latini: il secondo sono le Metamorfosi di Apuleio.
In tutta l’antichità sono solo sette le opere definite romanzi; oltre ai due latini ne troviamo cinque greci, tra cui Dafni e Cloe di Longo Sofista e le Etiopiche di Eliodoro. Ma i romanzi greci sono molto diversi dall’opera petroniana: la trama si sviluppa intorno alle vicende di due giovani innamorati che attraverso varie peripezie coronano il loro sogno d’amore. Un amore pudico e velato, mai sconcio e libero. I toni sono seri: la storia d’amore è vera e sincera e non c’è spazio per battute e leggerezza. Gli scenari sono variabili e la realtà del loro tempo non è presa in considerazione; si preferiscono le epoche anteriori. Il Satyricon di Petronio è tutt’altra cosa. Non  c’è spazio per la castità e nessun personaggio è portatore di valori morali, tutto chiuso nella sua comicità e nella sue poca serietà. L’oggetto d’amore, amore lussurioso e libero, è un uomo: il sesso in particolare è parte chiave del romanzo è continua fonte di situazioni comiche.
È probabile che Petronio si sia ispirato alle fonti greche per farne un po’ la parodia, anche perché l’intento parodico è sempre presente in lui. All’amore casto ed eterosessuale del romanzo greco si oppone la versione latina esplicita e omosessuale.
Ma il romanzo greco non è la sola fonte a cui Petronio attinge: c’è una sterminata tradizione latina di novellistica “non idealizzata”, per noi perduta, da cui prende spunto: la vicenda “boccaccesca” della Matrona che non esita a far crocifiggere il cadavere del marito per salvare l’amante si ispira proprio a questa tradizione. È un mondo dove gli uomini sono sciocchi e disonesti e le donne facili e lussuriose.
Un romanzo senza precedenti.

Ma il Satyricon non ha precedenti a noi pervenuti in quanto a grandezza e complessità. Complessa è la trama, fatta di richiami e interminabili peripezie intrecciate con caleidoscopica maestria. Complessa è la forma fatta di alternanza di prosa e poesia, di linguaggi bassi e alti, di commenti del narratore e soprattutto di contrasti: gli sbalzi tra aspettative e realtà, tra illusioni e brusche ricadute volgari. L’ironia comanda: Encolpio paragona una losca fattucchiera ubriacona a un personaggio di Callimaco e canta le lodi di Gitone, che l’ha tradito, in versi catulliani.  Il Satyricon si rifà molto alla satira menippea per gli sbalzi tra linguaggio alto e basso controllato da una raffinata tecnica compositiva, ma la lunghezza dell’opera e l’assenza di un piano critico generale non permette di annoverarla in quel genere. Non è certo breve e non mira a criticare un personaggio in particolare. Il prosimetro, inoltre, che costituiva una semplice risorsa formale nella satira diventa un modo inedito di costruire il racconto: gli inserti poetici forniscono al lettore la prospettiva in cui è immerso il racconto.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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