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Le Bucoliche di Virgilio


Un momento epocale dell'esistenza di Virgilio fu indubbiamente rappresentato dalla distribuzione di terre ai veterani, dopo la battaglia di Filippi del 42 a.C. quando il poeta perse le sue terre, per poi riaverle indietro grazie ad influenti appoggi (Asinio Pollione ecc...) per poi forse perderle di nuovo. Secondo Donato Virgilio impiegò tre anni per comporre le Bucoliche e sette anni per le Georgiche; undici, invece, furono gli anni dedicati all'Eneide, che fu pubblicata postuma per volere di Augusto anche se V. aveva raccomandato a Vario di distruggere il poema se gli fosse nel frattempo successo qualcosa.
 In merito alle linee tematiche, la prima opera di indiscussa paternità virgiliana è il Bucolicon liber o Bucolica (neutro plurale ispirato la greco Bukolika), raccolta di dieci componimenti o ecloghe pubblicata tra il 42 e il 39 a.C. La stesura di quest’opera è da contestualizzare nell’ambito di un periodo di forti problemi politici ed una spiccata crisi agraria. Come è noto tutto il potere statale fu progressivamente concentrato in un’unica persona: il princeps. Con questa trasformazione, da legislatura collegiale a monarchia, si allargarono le aree di consenso (ricordiamo l’estensione della cittadinanza romana a tutti gli Italici) e nelle sfere del potere si introdussero nuove persone. Tutto ciò portò ad un’efficace riorganizzazione dell’apparato burocratico dello Stato, ma non riuscì a far fronte al sempre crescente malcontento che dilagava tra i piccoli proprietari terrieri, che lamentavano la difficoltà a reggere la concorrenza.
Le “Bucoliche” sono una raccolta di dieci componimenti pastorali, slegati tra loro e composti su suggerimento di Pollione, allora suo patrono letterario.  Virgilio si ispira agli Idilli di Teocrito, poeta alessandrino del III secolo a.C. Attraverso Teocrito Virgilio rilegge il mondo rurale in cui era cresciuto. La poesia bucolica di Virgilio può essere considerata dotta e neoterica perché basata sulla profonda conoscenza dei classici antichi.Virgilio mantenne le convenzioni del predecessore, i benevoli motteggi dei pastori e i loro canti d'amore, i lamenti e le sfide canore; ma invece del sorridente distacco teocriteo, qui si riscontra una partecipazione sentimentale che accomuna il poeta alle sue creature, creando un'atmosfera di indefinibile, struggente dolcezza.
Contenuto.
Come il suo predecessore anche Virgilio sfrutta al massimo la varietà dei temi. Da una parte alcuni spunti gli permettono di ambientare le composizioni nel paesaggio italico a lui familiare alternando ad esso il motivo del locus amoenus: nel cuore del paese dei pastori si trova un luogo felice caratterizzato da elementi essenziali, un luogo dove i pastori riposano, amano e cantano. Teocrito gli attribuisce tre significati: luogo di riparo, luogo d’amore (anche non corrisposto), luogo della civiltà contrapposta alle barbarie. Lo stesso motivo è presente anche in Virgilio: il suo locus  è il paese d’Arcadia, immagine ideale che ha il poeta di un luogo immobile nello spazio e nel tempo, simbolo della felicità. Dietro l’Arcadia, si affaccia il sogno di un ritorno dell’età dell’oro. Dall’altra parte Virgilio si cimenta nel libero riuso di spunti autobiografici e storici. Il dramma dei pastori nelle egloghe I e IX ad esempio: le confische di terre degli anni 42 – 41 a.C. colpirono certamente anche Virgilio, poi miracolosamente reintegrato nella sua proprietà grazie all’opera di personaggi influenti quali Asinio Pollione, Alfeno Varo e Cornelio Gallo (che, non a caso, compaiono tutti nell’opera di Virgilio). Naturalmente non è possibile leggere le 2 egloghe come autobiografie fedeli, perché esse sono ben altro: descrizione delle sofferenze della guerra. Un motivo storico lo racconta anche l’egloga 4, la più controversa tra le dieci. In essa Virgilio preannuncia la nascita di un bambino che aprirà una nuova era. Il Medioevo vi vide una profezia messianica ispirata da Dio, che annunciava la nascita di Cristo, opinione che solo S.Girolamo avversava. Ma si è pensato anche a molti altri bambini: il figlio di Pollione, il bambino che avrebbe dovuto nascere da Ottavia e Marc’Antonio, il figlio di Ottaviano e Scribonia, e perfino Ottaviano stesso. Ma non si può escludere che con il puer Virgilio intendesse rappresentare esclusivamente le forze che avrebbero portato all’alba di una nuove età. Anche l’egloga 6 si allontana dagli schemi del canto bucolico e imita solo vagamente Teocrito. Si tratta di un canto intonato da Sileno per celebrare la creazione del mondo alla maniera di Lucrezio; seguono alcuni miti narrati per allusioni. La narrazione è interrotta da una descrizione del poeta Gallo mentre riceve la sua consacrazione poetica.     


Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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