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Traduzione come denominazione raddoppiata



Democrito afferma che i nomi degli dei sono la rappresentazione sonora, insegnano gli dei. Ma cosa implica la possibilità di traduzione? Che i nomi degli dei sono trattati come nomi comuni. Ma ci sono anche nomi non tradotti, come zeus...perchè Erodoto non sa come i libici chiamano zeus? Poi ci sono parti dove si da il nome indigeno ma non quello greco. Es. salmoside. Il fatto che non sia greco = intraducibile. Ma denominare è anche classificare. Non tradurre, come per salmoside = classificare anche la gente = l'alterità del nome è l'alterità dei popoli. Classificando l'altro, classifico me stesso. La traduzione è quindi una denominazione raddoppiata: anzitutto opera a partire dalla lingua materna e il narratore non spiega le sue tavole d'equivalenza. Poi è data come ben nota. Poi la traduzione classifica riconducendo al medesimo l'altro. Quindi traduzione → denominazione → modo di classsificazione → chi classifica è il viaggiatore. Ovvero chi conosce i nomi di luoghi e spazi, degli attori degli spazi, chi conosce i nomi degli dei. E se non conosce un nome, egli lo dà a cio che non lo ha avuto mai o non lo ha più. E' posseduto dal desiderio di denominare.

Tratto da ERODOTO, IL PADRE DELLA STORIA? di Dario Gemini
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