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Gadamer - Il concetto aristotelico di synthéke, convenzione del linguaggio


Altro concetto aristotelico è synthéke, convenzione: il senso pieno del linguaggio. Aristotele dice infatti che il linguaggio è una forma di comunicazione non per natura, ma sulla base di un accordo. Come nella teoria rousseauiana dello stato, anche qui non si parla di un reale accordo convenuto.

Nel caso del linguaggio, accordarsi di parlare in tale e tal modo è un controsenso. Conosciamo infatti la caricatura del linguaggio che può venir fuori da tali regolamentazioni. Con l’espressione synthèke è designata la struttura della comprensione e dell’intesa nel linguaggio: un convenire.

Nel capitolo sull’induzione, Aristotele descrive come, dalle percezioni che si vanno accumulando, risulti l’esperienza e come a partire da qui si produca il passaggio a tutte le forme di sapere.

Quando s’interroga su come concepire tale passaggio, per cui da molti particolari viene a costituirsi il sapere dell’universale, Aristotele fa un paragone: è come in un’armata in fuga su cui tutti scappano nel panico. A un certo punto qualcuno si arresta e guarda dietro di sé per vedere se il nemico è ancora alle calcagna. La fine è quando, senza sapere come, l’armata si arresta.

Nell’antichita Temistio, per interpretare il passo, ha portato ad esempio l’apprendimento linguistico del bambino. La nozione di synthèke ha in sé l’idea che il linguaggio si formi nella reciprocità poi-ché è qui che si sviluppa l’intesa mediante la quale si può venire a patti, un venire-insieme. La formazione dell’universale implica altresì una autolimitazione del nostro spazio di gioco. Nel praticare la lingua, un bambino di tre anni è più ricco e geniale di qualsiasi adulto.

Tratto da LINGUAGGIO di Domenico Valenza
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