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L'analisi della conversazione


L’ANALISI DELLA CONVERSAZIONE (AC) è il secondo strumento di analisi descrittiva insieme all’Analisi del Discorso, è un modello di analisi delle interazioni comunicative che si è sviluppato negli anni Sessanta del 1900. Il padre fondatore è Sacks e i suoi incontri con Goffman e Garfinkel sono stati fondamentali per la nascita dell’Analisi della Conversazione.
Goffman è l’autore della teoria drammaturgica secondo cui le persone recitano copioni cercando di gestire al meglio le impressioni e la presentazione del sé in base alla cornice conversazionale (= frame), ogni copione ha le sue regole e le sue sequenze di azioni ma non usa dati reali e si concentra di più sugli aspetti psicologici degli interlocutori coinvolti e non sull’interazione in sé.

Garfinkel fa studi etnometodologici (con registrazione audio/video), l’ordine sociale è l’esito delle interazioni comunicative quotidiane, rappresenta il risultato delle azioni e dei discorsi costruiti collaborativamente dagli individui.
L’Analisi della Conversazione è una scienza empirica fondata sull’osservazione, non ha teorie di riferimento.
L’idea di fondo è che due o più individui, interagendo mediante specifiche sequenze di azioni linguistiche, non solo si influenzano reciprocamente ma contribuiscono congiuntamente alla costruzione e alla negoziazione del significato complessivo dello scambio.

Il metodo utilizzato è induttivo: dai dati, alla formulazione di ipotesi, alla verifica delle ipotesi mediante il ritorno ai dati.
La metodologia di ricerca è divisa in fasi:    
1. Scelta dei dati: scegliere l’universo conversazionale da indagare, decidere cos ritenere il dato, scegliere gli strumenti per la raccolta dei dati.
2. Raccolta dei dati: registrazione audio e video, la questiona da affrontare sono tecniche (legate al posizionamento della strumentazione, tempi di registrazione, cosa registrare), etiche e legali (connesse al diritto dei partecipanti di essere informati, tutelati nella propria privacy e al ritiro del consenso all’uso dei dati raccolti).
3. Trascrizione: trasformazione in forma scritta per parlato con l’obiettivo di conservare i dettagli della conversazione registrate e renderli disponibili e fruibili. Si segue il sistema Jefferson, ovvero un sistema di trascrizione fonologico e non grammaticale usando come font il carattere Courver con dimensione 9.
4. Analisi: commento analitico di tipo qualitativo operato riga per riga per elaborare con facilità le interpretazioni alternative rispetto a quelle suggerite.
Secondo il principio di pertinenza osservabile, vengono presi in esame solo quei segmenti conversazionali che mostrano di aver ricevuto la stessa interpretazione da parte dei conversanti coinvolti, è un’analisi dettagliata che non dà spazio all’interpretazione del ricercatore, rimane un’interpretazione oggettiva.
L’obbiettivo dell’Analisi della Conversazione è quello di dimostrare che le conversazioni, al di là del loro aspetto apparentemente caotico, sono caratterizzate da ordine e regolarità in seguito alla scelta operata dagli interlocutori.

Ci sono due tipi di ordine:

• Ordine globale: ogni conversazione si struttura secondo tre fasi:
1. Fase di apertura con il riconoscimento reciproco degli interlocutori, i saluti e la sequenza di avvio.
2. Fase centrale: durante la quale vengono introdotti e discussi uno o più argomenti di conversazione.
3. Fase di chiusura: serie di turni vuoti con i saluti finali.

• Ordine locale: l’ordine viene garantito da due meccanismi
1. Turn-taking = turnificazione/presa di turno.
Il turno conversazionale (TC) è un’unità che non corrisponde rigidamente ad un’unica struttura sintattica (frase/parola/enunciato) né in una sola azione linguistica (domanda/ordine/affermazione..), può avere dimensione variabile, può essere costituito da più unità minime di significato (TCU), cioè unità sintattiche identificate per mezzo di strumenti intonazionali, il punto finale di ogni unità minima viene denominato punto di rilevanza transizionale (PRT), ossia un punto in corrispondenza del quale può avvenire il cambio del turno (passaggio del diritto di parola dal primo al secondo interlocutore).
I meccanismi del turn-taking dipende dal genere conversazionale, dal contesto discorsivo, dal sistema a gestione locale dei turni che viene gestito dai partecipanti e sono meccanismi in base ai quali viene gestita l’alternanza dei turni conversazionali:
- autoselezione: l’interlocutore prende la parola in modo autonomo.
- eteroselezione: il parlante di turno decide chi sarà il parlante successivo, può essere esplicita (mediante la direzionalità dello sguardo, uso del pronome personale generico “tu” o l’uso del nome) o implicita (quando parliamo di un argomento che sappiamo riguarda una persona e ci aspettiamo che proprio quella persona ci risponde).
Più del 5% delle conversazioni presentano anomalie nel passaggio del turno dell’uno all’altro degli interlocutori. Il parlato non lineare corrisponde alle sovrapposizioni che possono essere non problematiche (sovrapposizioni corali=quando le persone aggiungono dettagli nella narrazione del parlante e quando più persone rispondono alla stessa domanda, sovrapposizioni terminali= alla fine del turno del parlante parla anche l’interlocutore) o problematiche (=momentanei arresti nella continuità della produzione del parlato).
Molto spesso la sovrapposizione finisce dopo il primo beat (=la prima sillaba) per aver mal interpretato una pausa del parlante, nella maggior parte delle interazioni le sovrapposizioni non superano il terzo beat, se si supera il terzo beat la conversazione è di tipo conflittuale.
Nella fase successiva alla risoluzione di una sovrapposizione, gli interlocutori possono assumere diverse posizioni nei confronti di quanto accaduto, essi possono non registrare l’evento e continuare a parlare come se non fosse successo niente oppure possono registrare l’evento indicandone la problematicità, ripetendo l’inizio del proprio turno, ripetendo quanto detto dall’interlocutore per ricevere conferma della propria esatta comprensione, usando una generica espressione di richiesta che indica che il parlante ha udito che qualcosa è stato detto dall’interlocutore ma non ne ha colto il contenuto.
Ogni forma di riparazione successiva a una sovrapposizione e sottolinea la problematicità e il carattere potenzialmente distruttivo per l’interazione. Le pratiche di risoluzione delle sovrapposizioni costituiscono elementi indigeni all’organizzazione della presa del turno.
La struttura di risoluzione per ristabilire l’ordine è Overlap Resolution Device, una componente integrante dell’organizzazione del turn-taking secondo Schegloff. L’obbiettivo delle partiche di riparazione dopo una sovrapposizione è ristabilire l’ordine.
Una sequenza conversazionale è un’unità organizzativa di ordine superiore rispetto ai turni conversazionali, sono concatenazioni tipiche e ricorrenti di elementi. Le sequenze complementari sono coppie adiacenti, casi più semplici della sequenza conversazionale, la successione di turni strutturati in coppie adiacenti costituisce il tipo di organizzazione discorsiva più semplice e maggiormente utilizzato. Le caratteristiche principali delle coppie adiacenti sono: la complementarietà (ogni coppia è costituita da due turni, collocati in posizione adiacente e prodotti da parlanti diversi), l’ordine (deve esserci un turno che precede, cioè la richiesta, e uno che segue, cioè la risposta e l’ordine non può essere invertito) e il collegamento discreto (data una prima parte della coppia adiacente solo alcune seconde parti sono ammesse).
Non tutti i complementi possibili della prima parte di una coppia adiacente si equivalgono, esistono alternative preferenziali (ovvero un ordinamento socialmente condiviso dalle alternative, nell’invito la componente preferenziale è l’accettazione, nell’accusa l’alternativa preferenziale è un giudizio, nei complimenti e nelle autovalutazione l’alternativa preferenziale è il disaccordo dichiarato e la mitigazione) e le alternative non referenziali (nell’invito l’alternativa non preferenziale è il rifiuto).
Tra la prima parte e la parte complementare delle coppie adiacenti ci sono le sequenze inserto perché non sempre la seconda parte di una sequenza complementare è adiacente rispetto alla precedente, possono essere precedute o seguite da turni che svolgono funzioni preliminari (pre-sequenze) o di chiusura di sequenza (post-sequenze).
2. Repair = meccanismo della riparazione, comportamento verbale o paraverbale al quale gli interlocutori ricorrono per gestire l’interscambio quando gli eventi problematici si affacciano sulla sena interazionale. I conversanti ricorrono alla riparazione per riportare gli eventi alla normalità quando qualcosa va storto nell’interazione riguardo alla propria o all’altrui comprensione degli eventi in corso.
Per il repair si configurano 4 possibilità:
- autoriparazione: completamente agita dal parlante poiché egli auto-corregge (avvia e conclude simultaneamente) una sua affermazione, si realizza in prima posizione, ossia all’interno dello stesso turno problematico.
- riparazione sollecitata dall’interlocutore e conclusa dal primo parlante, per l’interlocutore il turno è riparabile se non udibile, non comprensibile (da riformulare), disconnesso (quando non si riesce a cogliere la pertinenza di quello che sta dicendo l’interlocutore, non segue la continuità del discorso), inappropriato (inadeguato rispetto alla sequenza precedente) e scortese. Il destinatario può decidere di indicare con precisione la sorgente del problema nel turno precedente del proprio interlocutore oppure limitarsi ad indicare genericamente l’esistenza di una qualche difficoltà.
- eteroriparazione: completamente agita dall’interlocutore, l’interlocutore ripara perché il parlante ha dato informazioni sbagliate ma è rischioso.
- riparazione sollecitata dal parlante di turno e conclusa dell’interlocutore
L’obbiettivo della riparazione è ristabilire l’ordine, riportare la conversazione all’ordine precedente al problema.

Negli sviluppi recenti c’è la gestione epistemica delle conversazioni.
Lo sviluppo sequenziale (l’ordine) si realizza in base alla gestione dei ruoli (status) e delle posizioni (stance) epistemici.
L’epistemic status è il ruolo conoscitivo che parlante e interlocutore si riconoscono reciprocamente durante l’interazione, ha a che fare con i diritti/responsabilità di conoscere che differiscono da persona a persona, è in relazione a specifici domini di conoscenza (dipende dal background conoscitivo), il fatto che due individui accedono contemporaneamente alla stessa informazione non mi dice che abbiano lo stesso livello di conoscenza.
L’epistemic stance è la manifestazione concreta delle attribuzioni di ruolo conoscitivo/epistemic status, riguarda il modo in cui i parlanti posizionano se stessi in termini di epistemic status, attraverso la costruzione dei turni di parola/scambi comunicativi.
La congruenza tra epistemic status (ruolo conoscitivo) e espistemic stance (manifestazione concreta del ruolo conoscitivo) può venire a mancare perché il parlante può resistere/sovvertire o rinegoziare il proprio status epistemico che gli è stato assegnato (ad esempio il turista che spiega al posto della guida turistica) o perché può dissimulare il suo stato epistemico.
Un esempio è la richiesta di informazioni: un soggetto che chiede informazioni colloca se stesso in uno stato epistemico inferiore (k-) rispetto all’interlocutore (k+). L’interlocutore può accettare l’assegnazione di ruolo e rispondere in modo pertinente con un adeguato posizionamento epistemico. In questa situazione il parlante da avvio a una sequenza conversazionale che mira a ribilanciare una iniziale situazione di disparità epistemica (k-/k+).
Un altro esempio è l’offerta di informazione: il parlante da inizio a una sequenza conversazionale fornendo informazioni (parte da uno status conoscitivo superiore k+) e assegna all’interlocutore un ruolo conoscitivo inferiore (k-), c’è una disparità epistemica. La disparità iniziale potrebbe non esserci (nelle situazioni in cui i conversati si scambiano opinioni) o potrebbe non essere riconosciuta dai partecipanti (nelle situazioni conflittuali in cui entrambi gli interlocutori mettono se stessi nel ruolo conoscitivo superiore, se nessuno mette in discussione il proprio pensiero scendendo a un livello inferiore di posizionamento epistemico non si risolve il conflitto).
Quando chi sta nel ruolo epistemico inferiore (k-) negozia la sua posizione con chi sta nel ruolo conoscitivo superiore (k+), non sorgono problemi ma se un soggetto impone il proprio status epistemico senza la negoziazione con l’interlocutore si creano problemi/conflitti.
L’oggetto di studio dell’Analisi della Conversazione è la conoscenza dei fenomeni di disfluenza comunicativa/non linearità discorsiva che ha importanza teorica, legata alla descrizione dei fenomeni fine a se stessa, pratico-formativa, le conversazioni vengono studiate per studiare come migliorare la comunicazione.
Le sovrapposizioni e le interruzioni hanno lesività per la faccia sociale e per la relazione tre gli interlocutori, esistono diversi tipi di violazione e diversi livelli di tollerabilità, Tanner distingue Stile ad Alta Partecipazione, quando chi interviene nella narrazione del parlante lo fa per aggiungere particolari/dettagli, e Stile ad Alta Sollecitudine, quando l’interlocutore non interferisce a preferisce far parlare il parlante.

Lo studio delle sovrapposizioni/interruzioni dialogiche nasce dagli anni Settanta e ci sono due tipologie di studio:
• Studio tassonomico: approccio descrittivo con finalità classificatoria, cerca di descrivere i fenomeni di non linearità in base a oggettivi criteri conversazionali quali il luogo nel turno della loro comparsa, la loro durata temporale e gli esiti conversazionali
• Studio psicologico-sociale: cerca di spiegare l’utilizzo delle sovrapposizioni/interruzioni con ragioni connesse alla gestione del potere e ai diversi modi di intendere le regole di cortesia conversazionale (politeness).
il dibattito su questo tema di distinzione tra sovrapposizioni e interruzioni è caratterizzato dall’uso di una terminologia non univoca che rende difficile effettuare confronti, dalla credenza che le sovrapposizioni e le interruzioni dialogiche siano anomalie piuttosto al regolare procedere di una conversazione, dalla convinzione che le interruzioni siano eventi completamente ascrivibili dall’interlocutore che non rispetta  la speakership e dalla distinzione dictomica delle azioni linguistiche in supportive o competitive.

Classificazione delle sovrapposizioni e delle interruzioni:
• Posizione nel turno, studio di Schegloff, Zimmerman e West
- Sovrapposizione: si verifica in prossimità di un PRT (punto di rilevanza transizionale), errore non intenzionale
- Interruzione: si verifica lontano da un PRT, violazione intenzionale
• Effetto, studio di Ferguson che distingue:
- Le interruzioni che hanno successo: ovvero sovrapposizioni che si prolungano finché il primo parlante non smette di parlare, parlato simultaneo + silenzio del primo parlante
- Tentativi falliti di prendere la parola: parlato simultaneo + silenzio del secondo parlante
Interruzioni silenziose: il secondo parlante approfitta di una pausa del primo parlante e prende parola
- Sovrapposizione: parlato simultaneo + complemento dell’enunciato da parte del primo parlante
Sono state mosse delle critiche poiché il sistema Ferguson non riconosce al parlante detentore del turno alcuna capacità di co-determinare l’esito conversazionale, ma prende in considerazione solo le sovrapposizioni intrusive (viste negativamente dal primo parlante), introduce la categoria delle interruzioni silenziose.
• Lunghezza, studio di Zimmerman e West:
- Sovrapposizioni: breve durata perché involontarie
- Interruzioni: più estese perché volontariamente agite lontano da un PRT
Anche qui vengono mosse delle critiche perché si fa una distinzione contraria al pensato comune, non c’è nessuna corrispondenza tra la lunghezza della sovrapposizione e ciò che i partecipanti avvertono come interruzione.

Gli interventi agiti fuori dal proprio spazio conversazionale hanno due obbiettivi:
1. Supportare il parlante corrente per il contenuto=intenzione supportiva (si è d’accordo)
2. Competere con il parlante corrente per la presa di turno (non si è d’accordo)

Benner, Tanner, Roger e French concordano sulla distinzione tra interventi supportivi e competitivi, Goldberg faceva invece un’altra distinzione tra:
-interruzioni neutre = quelle che non sembrano essere agite con l’intenzione di togliere il turno al parlante corrente
-interruzioni non neutre = quelle avviate a partire da un desiderio dell’ascoltatore distinte in: power oriented interruptions (agite con lo scopo di sottrare il discorso al parlante), rapport oriented interruptions (agite con lo scopo di mostrare interesse) e competitive interruptions (stanno sullo stesso argomento, come le rapport, ma con contenuti competitivi, come le power).

Schegloff distingue le sovrapposizioni in:
• Non problematiche: non c’è lotta per l’appropriazione del turno, come ad esempio le sovrapposizioni corali o finali
• Problematiche: si caratterizzano per momentanei arresti nella continuità dalla produzione del parlato

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