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Il DMN nei pazienti con trauma cranico


Nello studio di Bonnelle del 2011, gli autori hanno effettuato un'fMRI su soggetti sani e con trauma cranico impegnati in un compito di vigilanza e successivamente hanno eseguito un'analisi della connettività funzionale e strutturale. L'fMRI ha mostrato una maggior attività nelle aree del precuneo e della corteccia cingolata posteriore (CCP), aree appartenenti al DMN, nei soggetti con trauma cranico rispetto ai controlli. Sembra quasi che essi facciano fatica a “sganciarsi” dal DMN per attivare le aree del controllo attenzionale, ciò impedirebbe quindi di focalizzare l'attenzione sul compito e comporterebbe una maggior distraibilità. L'aumentata attività in queste aree sarebbe espressione, per gli autori, di un'anomalia nel pattern di attivazione che causerebbe o enfatizzerebbe le difficoltà nel mantenere costante il livello di attenzione.

I ricercatori hanno notato, inoltre, un minor livello di connettività funzionale all'interno della stessa rete default nei soggetti con trauma cranico rispetto ai controlli. Sembra per di più che, anche tra i soli soggetti con trauma cranico, il livello di connettività interna a questo network sia in grado di predire l'andamento migliore o peggiore del soggetto nel corso del compito. I soggetti, cioè, che mostravano una connettività molto bassa tra queste aree erano quelli la cui performance peggiorava di più nel corso del compito.

I ricercatori sospettano che tali cali della vigilanza siano dovuti a un eccessivo sforzo esercitato dai soggetti per limitare l'attività a livello del precuneo e della CCP, che, come abbiamo visto, mostrano un'attivazione esagerata. Tale sforzo comporterebbe un maggiore dispendio di risorse iniziale, che verrebbero quindi distolte dal controllo top-down, e porterebbe i pazienti ad affaticarsi prima della fine del compito.

Gli autori riconducono tali anomalie funzionali a importanti disconnessioni strutturali a livello della materia bianca, in conseguenza del danno assonale diffuso. In particolare, sembrano esserci alterazioni a livello del giro del cingolo, struttura che connette le aree anteriori e posteriori del DMN. Tra l'altro, nei soggetti sani, l'analisi strutturale della materia bianca di quest'area sembra correlare con differenze individuali nell'attenzione.

Gli autori fanno notare, inoltre, come danni o lesioni focali alle aree del precuneo e della CCP siano difficili da riscontrare nei soggetti con altre tipologie di cerebrolesione acquisita, ciononostante esse appaiono particolarmente vulnerabili alla disconnessione strutturale dovuta al danno assonale, forse a causa della loro densa connettività. Sembra infatti che tali aree costituiscano dei nodi importanti a cui arrivano e da cui partono bidirezionalemente numerose vie che li connettono a molte delle altre strutture cerebrali, tanto che Hangmann e altri autori hanno ipotizzato che queste aree, corrispondenti alla porzione posteriore del DMN, costituiscano una sorta di nucleo centrale, il “cuore”, della corteccia cerebrale.

La disconnessione strutturale interna alla materia bianca, provocata dal danno assonale, crea quindi degli scompensi nella regolazione interna al DMN e ciò avrebbe delle ricadute sul suo alternarsi dinamico con le reti attenzionali. Questo meccanismo sarebbe in ultima analisi responsabile dei disturbi attentivi nei pazienti con TCE.

Sono state fatte anche altre ricerche su questo tema che hanno dato ulteriore evidenza empirica alla disconnessione tra questi network nei traumi cranici. Han nel 2016 ha infatti analizzato la connettività funzionale non solo internamente al DMN, ma anche tra la rete default e le principali reti che regolano i processi attentivi ed esecutivi, e hanno notato come essa sia significativamente ridotta nei pazienti con trauma cranico a confronto con i soggetti sani.

Il danno diffuso a livello della materia bianca crea quindi alterazioni considerevoli nelle connessioni tra i principali network cerebrali, regolanti gli stati di riposo e di vigilanza. Tali alterazioni potrebbero essere il substrato sottostante la compromissione del SAS, manifestata da questi pazienti, che influenzerebbe negativamente tutti i processi che hanno bisogno di un controllo esplicito e cosciente.

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