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Continuità e salto di qualità: l’occupazione tedesca e la Repubblica Sociale Italiana


L’occupazione tedesca dell’Italia all’atto dell’annuncio dell’armistizio concluso con la Gran Bretagna e Stati Uniti l’8 Settembre 1943 sorprese gli ebrei italiani e quelli stranieri che si erano rifugiati in Italia.
Si può sottolineare anche che senza la collaborazione attiva delle autorità politiche e di polizia della RSI la deportazione degli ebrei dall’Italia verso i campi di sterminio non sarebbe stata assolutamente possibile.
Gli ebrei furono espulsi dalla società italiana; drasticamente privati della cittadinanza italiana e, in quanto stranieri, fu attribuita loro la cittadinanza degli Stati nemici in guerra con l’Italia.
Le uniche eccezioni all’internamento erano previste per gli ammalati gravi, per i vecchi al di sopra dei settant’anni, per gli appartenenti a famiglia mista.
“Essendo stati gli ebrei dichiarati nemici dell’Italia, ovvie erano le conseguenze della decisione. Non solo essi non dovevano più esser lasciati liberi di circolare nel nostro paese, e quindi di nuocere con ogni mezzo alla causa nazionale, ma si doveva procedere altresì alla confisca dei loro beni”.
Essi, gli ebrei, come erano stati privati della cittadinanza, bene non solo giuridico ma anche morale, venivano ora spogliati anche di ogni pur minimo mezzo di sostentamento, suppellettili del vivere quotidiano, di semplici indumenti; venivano cioè privati di qualsiasi possibilità di autonoma esistenza.
L’estensione all’Italia della soluzione finale fu una conseguenza quasi automatica dell’occupazione da parte della Wehrmacht. L’occupazione rese possibile ai tedeschi di realizzare la deportazione degli ebrei dall’Italia. La creazione di un apparato tedesco per l’attuazione in Italia della soluzione finale impegnò le autorità d’occupazione sin dalle prime settimane della loro presenza in Italia; si trattava di una struttura non integrata nel complesso sistema dell’occupazione ma destinata a operare con quasi totale autonomia rispetto a ogni altra articolazione d potere, alle dipendenze dirette unicamente dal capo supremo delle SS e della polizia del Reich, Himmler.
La RSI risultò essenziale per agevolare il compito dei tedeschi, soprattutto nell’individuazione e nel rastrellamento degli ebrei, per il quale risultò spesso indispensabile la possibilità di disporre delle liste del censimento del 1938.
La stragrande maggioranza degli ebrei deportati dall’Italia fu inviata ad Auschwitz.
I campi in Italia non furono campi di sterminio in senso stretto: il loro compito era di servire come anticamera dello sterminio; gli eccidi di ebrei ebbero luogo prevalentemente fuori dai campi di concentramento.
Le perdite degli ebrei in Italia furono sicuramente inferiori a quelle di altri paesi, esso è dovuto a un insieme complesso di fattori.
In primo luogo l’alto livello di assimilazione e di integrazione degli ebrei italiani, che favorì la possibilità di trovare soccorso presso le componenti della società italiana.
In secondo luogo il salvataggio di un gran numero di ebrei fu dovuto al concorso i molti aiuti. La forma primordiale d'aiuto fu quella che nacque all’interno delle comunità ebraiche. Fu su questa base che alla fine del 1939 nacque la DELASEM (Delegazione Assistenza Emigrati).
Non risulta documentato alcun intervento generale della Santa Sede a favore del soccorso agli ebrei, ma dappertutto in Italia l’ospitalità nei conventi fu generosa quanto possibilmente silenziosa.

Tratto da IL FASCISMO E GLI EBREI di Antonino Cascione
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