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L’ambiguità dell’emancipazione e il banchiere ebreo


In una popolazione omogenea (stato nazionale) gli ebrei rappresentavano indubbiamente un elemento estraneo da assimilare subito e possibilmente fare scomparire, in quanto “una nazione nella nazione” non poteva essere tollerata.
Il processo di emancipazione, che doveva assicurare eguali diritti a tutte le comunità ebraiche dell’Europa occidentale, si svolse con tanta lentezza e ritardo.
Non furono i pregiudizi antisemiti a ritardare così sorprendentemente l’emancipazione generale, bensì i privilegi goduti già in precedenza da singoli ebrei.
Verso la fine del XVII secolo, il bisogno di credito statale aveva assunto proporzioni senza precedenti. Nessun gruppo della popolazione aveva mostrato la capacità o la disposizione a finanziare quello che stava diventando lo stato nazionale, a eccezione degli ebrei, che già nei tempi addietro avevano assunto la posizione di prestatori di denaro e curato gli affari finanziari dei principi europei, ricevendone in compenso protezione e privilegi.
La contraddittorietà dell’emancipazione risiedeva dunque nel fatto che certi privilegi, accordati dapprima a singoli ebrei (per i loro servizi) e poi a un gruppo più numeroso di individui agiati e utili allo stato, erano stati infine estesi a tutti indistintamente (eguali diritti a tutte le comunità).
Verso la metà del XVIII secolo (quindi prima della formazione degli stati nazionali) si era diffusa la figura dell’“Ebreo di corte”, i quali godevano di numerosi privilegi.
Quelli che non erano ebrei di corte, vivevano invece in povertà in comunità di campagna e trovavano nell’ebreo di corte il loro protettore, attraverso il quale potevano fare direttamente appello al principe per gli abusi locali.
Nel quadro dello sviluppo dello stato nazionale, l’emancipazione venne così a significare eguaglianza e privilegio, distruzione delle vecchie autonomie comunitarie e consapevole preservazione degli ebrei come gruppo separato, abolizione di speciali restrizioni e diritti ed estensione di tali diritti a tutti.
Nel sistema dello stato nazionale la condizione dell’individuo non era determinata dal suo rapporto con lo stato, che era uguale per tutti, bensì dalla posizione all’interno della sua classe e dalla relazione con le altre. L’unica eccezione a questa regola generale era costituita dagli ebrei: essi no formavano una classe a sé e neppure appartenevano a una delle classi del paese in cui abitavano.
Senza dubbio l’interesse economico dello stato nazionale a impedire l’assimilazione coincise con quello ebraico a mantenere la propria identità di gruppo. Nel corso del XVIII e XIX secolo gli ebrei divennero l’unico gruppo che derivasse la sua funzione dal rapporto col corpo politico e non dalla posizione nella società.

Tratto da LE ORIGINI DEL TOTALITARISMO di Antonino Cascione
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