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La teoria del comportamento pianificato


Nella prima versione prende il nome di Teoria dell’azione ragionata, secondo cui le decisioni riguardo ai comportamenti da adottare si fondano su una valutazione ragionata delle informazioni disponibili.
Questa teoria introduce un nuovo elemento di mediazione tra credenze/atteggiamenti e comportamento effettivo ovvero l’intenzione di mettere in atto un comportamento.
L’intenzione è il prodotto degli atteggiamenti nei confronti del comportamento e delle norme soggettive.
Gli atteggiamenti sono influenzati dalle credenze delle persone riguardo alle conseguenze del comportamento e dalla valutazione di tali conseguenze.
Le norme soggettive includono invece le credenze dell’individuo circa ciò che le altre persone si aspettano da lui, unite alla motivazione a comportarsi secondo tali aspettative.
Questo modello si è rivelato utile per prevedere una notevole quantità di comportamenti: gli atteggiamenti influenzano il comportamento in misura superiore alle norme soggettive.
La teoria è risultata applicabile solo ai comportamenti percepiti sotto il controllo del soggetto; manca una valutazione del grado in cui i soggetti credono di poter controllare le proprie azioni.
L’importanza della controllabilità è stato il fattore principale che ha spinto gli stessi autori ad una revisione della teoria, definita ora come teoria del comportamento pianificato, che ha incluso come ulteriore componente la percezione del controllo sul comportamento, che fa riferimento alle credenze della persona circa il grado di facilità/difficoltà delle azioni da adottare.
Si tratta di un costrutto simile alla self-efficacy di Bandura.
I fattori che influenzano la percezione di controllo possono essere interni all’individuo (informazioni, abilità) o esterni (opportunità, dipendenza).
Il modello assume che la percezione di controllo possa influenzare il comportamento sia indirettamente attraverso le intenzioni, sia direttamente senza alcuna mediazione.
La teoria è utile per prevedere l’adozione di comportamenti in ambito sanitario.
Sono stati studiati l’impatto del comportamento passato sul comportamento attuale, i dati di tipo affettivo (dispiacere, piacere) oltre che quelli di tipo cognitivo.
Critiche mosse al modello:
- il basso tasso di varianza spiegata dal modello nel suo complesso
- il trascurare l’analisi dei fattori che facilitano l’implementazione degli atteggiamenti, di quelli che spiegano il passaggio dalle credenze alle intenzioni, nonché dalle intenzioni al comportamento
- necessità di misure congruenti con il costrutto che esse pretendono di misurare: questo è particolarmente evidente nel caso della percezione del controllo comportamentale, per cui sono state usate misure poco chiare.

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