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Il settore e lo sguardo antropologico-visuale: l’Evoluzione



Eppure, l'osservazione precede nel tempo la scrittura e contribuisce alla formazione del prodotto finale in modo rilevante. Senza voler entrare all'interno della questione intorno alle priorità tra percezione e pensiero, con le ricadute di ordine ermeneutico che essa comporta, nell'intento di costruire un modello concettuale adatto alle nostre discipline, occorre scomporre il campo d'attività che convenzionalmente indichiamo con il termine osservazione, in tre livelli.

• A un primo livello le informazioni vengono percepite dall'occhio, secondo un processo di tipo biologico (L'OCCHIO GUARDA). Occorre marginalmente rilevare come l'occhio abbia la capacità di percepire comunque il mondo sensibile. Siamo in grado di ricevere stimoli visivi non soltanto da oggetti sconosciuti, ma da oggetti sconosciuti e anche in condizioni di coscienza limitata. Maurice Merleau-Ponty, nel suo lavoro di revisione sistematica degli assunti della psicologia classica, teorizza l'esistenza di un livello percettivo dello sguardo, la maggiore anzianità di quest'ultimo rispetto al pensiero.

• A un secondo livello le informazioni vengono riconosciute e immesse in reti di significato culturale (L'OCCHIO VEDE). Quest'attività è complessa e presuppone processi diversificati di conoscenza. Vi è innanzitutto un riconoscimento, l'assunzione di un oggetto a segno di se medesimo; vi è poi l'elaborazione di un orizzonte sincronico di relazione per cui l'oggetto acquista senso in rapporto al sistema spaziale nel quale è inserito e ad altri oggetti; vi è infine il riconoscimento di una dimensione diacronica per la quale l'oggetto si pone in relazione con il tempo e appare quale sintesi operante delle sue esistenze passate e future, di quanto cioè non possiamo percepire in toto, ma prefiguriamo con il sostegno di conoscenze ideologiche ed archetipiche.

• A un terzo livello le informazioni visive così elaborate  in forma di conoscenza sono inserite all'interno di una prassi continua e finalizzata (L'OCCHIO OSSERVA). L'osservazione dunque è una pratica visiva tesa a mettere in relazione gli oggetti e gli eventi secondo i tracciati testè enunciati, all'interno di un campo di interazione sociale storicamente definito al fine di produrre rappresentazioni della realtà. Osservare significa in sintesi, vedere in situazione e per un fine (culturale, sociale o politico). L'osservazione è un'attività caratteristica della realtà moderna e si pone in opposizione rispetto a forme di visione, più o meno caratterizzate in senso metafisico o contemplativo; l'osservazione è in altre parole, l'esatto contrario della visione estatica e trascendente: suo fine precipuo è inoltre la produzione di immagini.


Se dunque l'attività di osservazione si connota nel modo appena richiamato, ben si comprende come un'attenta analisi dei suoi processi appai centrale.
L'etnografo molto spesso non riconosce l'oggetto che si offre al suo sguardo, che è presupposto come estraneo. Naturalmente occorre distinguere tra diversi scenari operativi e tra diverse pratiche. La pratica di terreno europeo a esempio comporta per l'etnografo europeo o comunque occidentale un minor grado di estraneità visiva rispetto a quella extracontinentale. L'etnografo in tal caso si muove in un mondo che riconosce, in linea di massima, e può assumere nella sua identità costitutiva, anche se possono restare in ombra gli orizzonti sincronici e diacronici in relazione; colui che naviga in modi più esotici viaggia in una realtà ben altrimenti irriducibile.

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