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Proprietà semiotiche fondamentali

La semiosi naturale si caratterizza mediante la presenza o l’assenza di una gamma di proprietà fondamentali. Tali proprietà ricorrono anche in numerosi sistemi di segni artificiali, costruiti dagli umani per far fronte alle proprie esigenze, che si arricchiscono e si sofisticano sempre più con lo sviluppo dell’organizzazione sociale, delle esigenze produttive, delle tecnologie via via  perfezionate. 

Il rapporto significante - significato


Arbitrarietà verticale: Teoria che considera il rapporto tra significante e significato come non motivato (e in questo senso arbitrario) da un punto di vista sia logico che naturale. Non c’è ragione che lega significante e significato. 
Così nella numerazione araba, il significante 7 è arbitrario rispetto al significato, che dal punto di vista sia logico che naturale potrebbe benissimo essere rappresentato da un altro segno. Essa è debole o verticale (perché allude ad una supposta verticalità del meccanismo di rinvio).
Essa è presente in numerosi codici: nei calcoli, nel linguaggio binario del computer, in segnaletiche come quelle delle stanze degli alberghi o nei prefissi telefonici, nel linguaggio dei colori e naturalmente nel linguaggio verbale (dove la non motivatezza logico-naturale è stata notata sin dall’antichità).
In questa teoria si presuppone che i concetti preesistano al linguaggio che li nomina in seguito. Ma ciò è sbagliato, perché sia i concetti che le classi fonico-acustiche vengono formate dal linguaggio parallelamente (arbitrarietà radicale orizzontale).
È difficile che in due lingue diverse esistano sinonimi perfetti dello stesso concetto, ciò si può applicare solo a forme di linguaggio fortemente convenzionalizzate e cristallizzate dall’uso, come certi sottocodici settoriali. Essa è collegata alla simbolicità.

Convenzionalità: attribuzione volontaria, socialmente stipulata di un certo significante a un certo significato o viceversa. Infatti è necessario e importante rendere esplicito e formalmente definito il significato dei termini usati in transazioni sociali come i contratti, le leggi etc.
Anche la ricerca scientifica dipende dalla possibilità di convenire sui termini, che si applica ai linguaggi di calcolo e a ogni tipo di lingua formalizzata, alla terminologia medica, alle segnaletiche.

Iconicità: (rapporto non arbitrario tra significante e significato). 
Questa proprietà è una delle più controverse dell’attuale lessico semiotico. L’idea che i segni catturino in modo non arbitrario caratteri della realtà assume un ruolo centrale nella teoria di Pierce, che avanza in proposito due distinte posizioni. 
Il segno ha sempre una base iconica, ogni forma di conoscenza comincia dall’esperienza che si presenta in forma iconica.
Da una parte sostiene che vi sono tipi diversi di segni: 
- ipoicone caratterizzate dall’avere qualche qualità in comune con gli oggetti cui si riferiscono (es una mappa), 
- indici, caratterizzati dalla contiguità fisica con l’oggetto 
- simboli che giungono a rapportarsi al loro oggetto convenzionale (come le parole). 
Pierce fa capire che ogni segno in effetti è un po’ un icona , un po’ indice un po’ simbolo, propendendo verso l’una o l’altra di queste possibili polarità. Secondo Pierce l’iconicità non si risolve in un dato visivo. 
Sebeok (seguace di Peirce) spiega che icona può essere un dipinto, una formula algebrica, o qualcuna delle specie animali che fanno uso di segnali iconici. 
Potremmo allora parlare di iconicità in numerosi casi di segnaletiche, nelle arti figurative, nella fotografia, ecc. Le metafore potrebbero essere dette iconiche in quanto sono materiate di immagini che sembrano volere e riuscire a vincere l’opacità delle parole. 
Diversi problemi si presentano quando il concetto di iconicità è visto nel sistema complesso delle nozioni semiotiche e quando lo si ripensa nel quadro dei recenti dibattiti sulle modalità della cognizione. 
Se l’iconicità vuol alludere a un rapporto non arbitrario fra significante e significato, converrà non limitare la sua definizione alla similarità e distinguere piuttosto fra iconicità come motivatezza naturale e la motivatezza logica. 
Il rapporto tra una rappresentazione e il suo oggetto è di tipo espressivo se esiste una regola costante che detta le modalità di connessione di punti dall’entità rappresentante al rappresentato. 
Superato l’equivoco della similarità, ci si rende conto che in effetti i codici lasciano oscillare i loro segni fra un polo di massima arbitrarietà e uno di massima iconicità, senza mai potersi appiattire su alcuno dei due. 
La nozione di iconicità viene guardata con diffidenza dai linguisti. 
Saussure aveva invitato a non dare troppo peso ai fenomeni di onomatopea, osservando che essi non sono in alcun modo universali. 
Le lingue non ricalcano analogicamente il reale ma stabiliscono momenti di analogia nel rapporto tra significante e significato. Questa componente viene di solito considerata come una strategia di economia cognitiva, un dispositivo usato dalle lingue per rendersi più maneggevoli da parte degli uomini. 
(ovvero sappiamo che la maggior parte delle parole di una lingua sono arbitrarie, ma se tutte le parole lo fossero sarebbero prive di una motivazione tra significante/significato e sarebbe impossibile memorizzarle).
L’iconicità sovviene a tale limite introducendo strategie di motivazione che rendono la lingua più ricordabile.
Se si discute questo problema facendo riferimento alle caratteristiche biologiche del soggetto il tema dell’iconicità si traduce in quello della naturalezza del linguaggio verbale,
Gia Saussure aveva parlato delle varie strategie con cui le lingue radicalmente arbitrarie limitano dall’interno della loro arbitrarietà per rendersi meglio fungibili nella società.
Deacan sostiene che il primo passo del conosce qualcosa è Riconoscere cioè percepirlo come qualcosa che già conosciamo. L’iconicità è legata al problema della percezione, cioè del dispositivo basato sui sensi che guida il nostro rapporto di specie con l’ambiente.

Le potenzialità del codice. Caratteristiche generali del funzionamento dei codici.
Articolatezza e combinatorietà: la proprietà dell’articolatezza riguarda il fatto che la parte significante del segno può risultare dalla combinazione di segmenti più piccoli. 
La parola “articolatezza” deriva dal linguaggio di medici e anatomisti. Numerosi sono i codici provvisti di articolatezza del segnale. Solo codici elementari come le spie luminose non possiedono tali proprietà. 
Il calcolo aritmetico è un ottimo esempio di codice articolato.

DOPPIA ARTICOLAZIONE (fonemi/monemi) (martinet): le lingue verbali sono analizzabili su due articolazioni: monemi (1 articolazione) e fonemi (2).
La doppia articolazione consente una straordinaria flessibilità nell’arricchimento del lessico, ma è stato dimostrato che non è esclusiva del linguaggio verbale.
Le parole sono analizzabili in unità minime – fonemi.
I fonemi sono unità minime prive di significato e che sono il frutto della radicale arbitrarietà degli idiomi, rappresentati graficamente dalle lettere. Grazie ai fonemi di cui una lingua dispone, essa è in grado di generare tutte le parole del vocabolario di quella lingua attraverso le regole di combinazione proprie di essa, che vengono imparate nei primi anni di vita.
Essi formano una classe chiusa e variano da 20 a 37 membri con importanti variazioni da una lingua all’altra.
I monemi invece sono unità più piccole delle parole, ma comunque dotate di senso (occupazione = 3 monemi, occup+azion+e, ognuno, che sono già da se segni, quindi PRIMA ARTICOLAZIONE mentre i fonemi seconda perché senza significato)
Nello stesso codice ci troviamo dunque davanti a due livelli di articolazione.
Quella in Monemi è la prima articolazione del linguaggio verbale (produce unità che sono segni) mentre quella in fonemi è la seconda articolazione (produce unità minime semantiche).
Monemi lessicali (occup, cavall, bell) che formano un insieme aperto e monemi grammaticali (preposizioni, desinenze verbali, articoli) che invece formano una classe chiusa.

CREATIVITA’(regolare,non regolare,di regole): un codice è creativo se ha la capacità di modificare le sue caratteristiche iniziali mentre funziona, vuol dire che può creare e utilizzare nuovi segni e cambiare le sue regole mentre funziona.

REGOLARE: rule-governed creatività, proprietà per la quale un codice può arricchire in modo illimitato il suo inventariodi segni applicando senza modificarle le regole di formazione-combinazione di cui dispone (HUMBOLDT: le lingue possono fare uso infinito di mezzi finiti)
Un calcolo può virtualmente generare infiniti numeri, utilizzando le regole che lo fanno funzionare, il morse invece essendo costituito da 2 unità di seconda articolazione, impulso elettrico breve e lungo, combinabili in sequenze di non oltre 6 unità, può generare 2 alla sesta (64) segni.
Per Chomsky la lingua verbale si distingue dai linguaggi animali proprio per il largo uso della creatività regolare, dando alla lingua il carattere di specie-specificità contro la ripetitività dei linguaggi animali.
NON REGOLARE: implica la possibilità che un codice accetti al suo interno, senza così smettere di funzionare, segni costruiti in violazione delle proprietà combinatorie del codice.
I calcoli non possono permettersi irregolarità, pena il blocco del codice stesso (limite ma nello stesso tempo garanzia di affidabilità).
I linguaggi naturali sono più elastici ad esempio nel linguaggio verbale questa creatività non impedisce la comprensione e non blocca il codice (difatti se dico: se pioverebbe io non andassi è sbagliato ma comunque capisco).

DI REGOLE (Wittgenstein): possibilità di riformare interi pezzi del codice (dunque nn solo aggiungere o variare le regole) aggiungendo, o togliendo regole, senza che questo cessi di funzionare.
Ovviamente i calcoli sono esclusi, mentre per le segnaletiche ciò è possibile esplicitando tramite una convenzione la modifica voluta.
Essa è invece presente nelle lingue segnate dei sordomuti ma soprattutto nelle lingue verbali, delle quali è una caratteristica riconosciuta la mutabilità (l’italiano, dal latino fino a quello attuale, ha conosciuto mille trasformazioni ,ma la lingua non ha mai cessato di funzionare, dimostrando insieme conservatività e mutabilità)

Metalinguistica: è la proprietà che permette a un codice di usare i suoi segni per parlare di se stesso.
Le lingue fanno continuamente uso della metalinguistica per disciplinare l’uso delle parole in vista di usi tecnici ma anche nella vita quotidiana.
La “metalinguistica riflessiva” è la proprietà di prendere a oggetto le parole stesse che si stanno pronunciando o scrivendo, permette di manipolare la sfera semantica.
Questa proprietà si trova anche nella gestualità in accompagnamento della parola offre la possibilità di usare gesti in riferimento ad altri gesti. 

Semanticità: questa proprietà è universale perché presente in ogni codice.
I codici semiotici sono fatti per significare in relazione a corpi che interpretano l’informazione disponibile e e all’ambiente in cui questi si muovono.
Lingue verbali, linguaggi gestuali, calcoli, segnaletiche, linguaggi di animali.. Significano.

Il ruolo dell’astrazione: “significare” qualcosa vuol dire elaborare mentalmente una classe astratta i cui membri sono i possibili “sensi” realizzati in circostanze semiotiche concrete.
Un significato è un simbolo, una rappresentazione mentale che prescinde dalla presenza fisica degli oggetti cui rimanda e si rende disponibile a elaborazioni ulteriori anche esse simboliche.
Anche quella particolare funzione della semanticità che chiamiamo “riferimento” ovvero la funzione di riferirsi ad oggetti del mondo non linguistico, e fondata da un astrazione di un sistema più o meno sfumato di pertinenze; ma anche i termini referenziali non parlano direttamente delle “cose” che manipoliamo nell’esperienza.

Il linguaggio delle Api e altri animali


I linguaggi di molte specie animali sono capaci significazione ad esempio le api comunicano alle proprie compagne rimaste nell’alveare la posizione, la distanza e la quantità del cibo nell’ambiente.
Le pertinenze che legano un linguaggio alla sua specie sono connesse al rapporto che la specie intrattiene con il suo ambiente e quindi il linguaggio parla di cose utili alla sopravvivenza della specie.

I calcoli hanno qualcosa in più perché grazie alla creatività regolare possono generare segni sempre più lunghi e aumentare illimitatamente le quantità che formano i sensi dei loro significati. 

Le lingue sono il linguaggio naturale della specie adattiva per eccellenza che ha maturato una capacità percettive ampia e flessibile e che ha accesso cognitivo a molti dati e conoscenze. Le lingue hanno capacità di dire tutto (informatività semantica) ma c’è chi obietta.
Le lingue dispongono di significati indeterminati cioè di concetti rappresentabili come classi aperte, le parole sono non prive di regole e soggette a convenzioni. 

Tratto da ELEMENTI DI SEMIOTICA di Anna Carla Russo
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