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Il lievito s. cerevisiae come sistema modello per lo studio delle patologie mitocondriali

Il lievito è un ottimo modello anche per studiare la biologia di base e la patofisiologia dei mitocondri. La similarità tra i mitocondri di lievito e umani ha permesso prima di tutto di utilizzare studi di genomica funzionale di S. cerevisiae per identificare geni umani coinvolti in patologie; per esempio sono state individuate mutazioni in cinque geni nucleari responsabili di miopatie mitocondriali caratterizzate da deficienza della citocromo c ossidasi, grazie a studi che ne hanno prima dimostrato in lievito la funzione essenziale nel processo di assemblaggio. L’identificazione di vari ortologhi umani di proteine mitocondriali di lievito, ad esempio i geni BCS1 e COX10 necessari all’assemblaggio delle componenti della catena respiratoria e responsabili di sindromi ereditarie, è stata possibile mediante l’approccio della complementazione funzionale, ottenuta quando il prodotto genico di un organismo è in grado di compensare la mancanza di un gene di un altro organismo. Un consorzio internazionale di laboratori ha svolto una screening sistematico funzionale utilizzando la collezioni di deletanti di lievito di cui detto prima per identificare proteine mitocondriali. Questo ha permesso l’identificazione di 466 geni la cui delezioni abbatte la respirazione mitocondriale, dei quali 265 non ancora noti. Invece, 255 geni associati a difetti di crescita in substrati non fermentabili possiedono ortologhi nell’uomo e di questi 21 sono geni noti per essere coinvolti in malattie mitocondriali ereditate come tratti mendeliani.  L’utilizzo di un modello per lo studio delle malattie mitocondriali ha diverse finalità. In primo luogo mediante l’utilizzo di un sistema modello è possibile “validare” una mutazione, cioè stabilire se una mutazione in un gene è responsabile effettivamente della patologia in questione. Un sistema modello è utile per la sola validazione ma può portare alla comprensione dei meccanismi molecolari attraverso cui la mutazione agisce. Anche in questo caso S. cerevisiae si dimostra un buon modello, grazie alla semplicità con cui possono essere effettuati esperimenti di biochimica e di biologia molecolare. Infine, l’utilizzo di un sistema modello permette anche la ricerca e lo studio degli effetti di “molecole” in grado di riportare parzialmente il fenotipo patologico al fenotipo wt. In primo luogo, è possibile testare l’effetto di sostanze. S. cerevisiae si dimostra un buon modello in quanto la sostanza da testare può essere direttamente aggiunta al terreno di coltura e, se possiede opportune proprietà, è in grado di entrare nella cellula per diffusione o trasporto facilitato, e svolgere così la sua attività In secondo luogo, è possibile cercare e valutare l’effetto di soppressori multicopia, mediante l’overespressione di un gene nel ceppo recante la mutazione patologica. Soppressori possono essere cercati mediante la trasformazione del ceppo con una banca multicopia, oppure mediante clonaggio in un plasmide multicopia di un gene che si pensi possa sopprimere il fenotipo attraverso meccanismi più o meno noti. In particolare però, il grande vantaggio di S. cerevisiae nello studio delle patologie mitocondriali consiste nel fatto che fenotipi correlati alla disfunzione del metabolismo mitocondriale possono essere facilmente osservabili.

Tratto da BIOTECNOLOGIE CELLULARI di Domenico Azarnia Tehran
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