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Corynebacterium Diphtheriae

Corynebacterium diphtheriae o bacillo difterico è l'agente etiologico della difteriche. Nonostante questo microrganismo sia patogeno sperimentalmente per vari animali, in natura esso infetta solo la specie umana. Il genoma circolare di questo microorganismo è di 2,5 Mb e contiene circa 2320 ORFs, con un contenuto in G+C del 53,48%. Egli è un Gram-positivo, non forma spore e non possiede né flagelli né plasmidi. Circa 13 regioni del genoma, che non sono presenti in C. glutamicum ed in C. efficiens, possiedono un contenuto anomalo in G+C e molte sono fiancheggiate da geni per tRNA. Queste regioni codificano per proteine che possono contribuire alla patogenicità come geni per fimbrie, sistemi di trasporto del ferro o biosintesi di siderofori che hanno alta affinità per il ferro (la bassa concentrazione di ferro attiva l'espressione della tossina difterica). La difterite consiste nell'infiammazione localizzata di una mucosa, il cui epitelio va incontro a necrosi. Normalmente questa infezione si localizza nella zona naso-faringea, alle tonsille e all'ugola, in quanto, i bacilli difterici rimangono localizzati nel focolaio infiammatorio senza alcuna tendenza ad invadere il torrente circolatorio, mentre la tossina che essi producono diffonde, per via ematica, in tutto l'organismo provocando gravi lesioni degenerative, evidenti soprattutto a carico del miocardio, del fegato e dei reni, e ledendo numerosi nervi cranici e periferici con la conseguente paralisi del palato molle, dei muscoli oculari o addirittura della muscolatura degli arti. Nella parete cellulare di C. diphtheriae, collegate alla porzione peptidoglicana, si ritrovano notevoli quantità di polisaccaridi formati essenzialmente da arabinogalactani, e, più superficialmente uno strato proteico ed una notevole quantità di diesteri del treasolo (un disaccaride formato da due molecole di glucosio in forma piranica). La porzione polisaccaridica forma così il cosiddetto antigene O, mentre la porzione proteica rappresenta l'antigene K. La patogenicità dei bacilli difterici è dovuta alla produzione di un'unica, potentissima, esotossina: la tossina difterica, che è la protagonista esclusiva del danno cellulare. Questa tossina è codificata dal gene tox di un fago temperato (fago β) integrato nel cromosoma batterico che viene trascritto in condizioni di stress da carenza di ferro. La tossina, di tipo A-B, è sintetizzata come un unico polipeptide formato da 535 amminoacidi, il cui estremo C-terminale forma la componente B, mentre la porzione N-terminale forma la componente A. La tossina diffonde nell'organismo e si lega con la porzione C-terminale a recettori glicoproteici ampiamente diffusi nelle cellule animali dove viene scissa da proteasi di membrana nei due componenti A e B, che rimangono uniti da un ponte disulfurico. La tossina viene introdotta nella cellula per endocitosi mediata dal recettore e, dopo l'interruzione del ponte disolfurico ad opera di sostanze intracellulari, il componente A viene traslocato nel citosol attraverso la membrana della vescicola endocitica. Quest'ultimo componente possiede un attività catalitica ADP-ribosilante, simile a quella della tossina colerica. Il bersaglio dell'attività ADP-ribosil-trasferasica del componente A della tossina difterica è però rappresentato dal fattore di allungamento 2 (EF-2) che interviene nella sintesi della catena peptidica a livello della traslocazione sul ribosoma. Il complesso EF-2-ADP-ribosio che ne risulta, è inattivo e, di conseguenza, la sintesi proteica viene bloccata, portando a morte la cellula. I corinebatteri difterici sono sensibili a numerosi antibiotici (penicilline, cefalosporine e tetracicline), tuttavia nella terapia della difterite solo il trattamento con medicamenti antibatterici non è sufficiente per garantire la guarigione. Infatti, poiché è la tossina difterica la protagonista delle lesioni generalizzate, lo scopo principale della terapia deve consistere nell'impedire che la tossina già prodotta al momento dell'intervento terapeutico si leghi alle cellule; e ciò è possibile solo tramite neutralizzazione della tossina presente nei liquidi dell'organismo mediante la somministrazione dei relativi anticorpi già preformati.

Tratto da BIOTECNOLOGIE MICROBICHE E AMBIENTALI di Domenico Azarnia Tehran
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