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Radiazioni non ionizzanti

Nello spettro elettromagnetico le radiazioni ultraviolette (UV) sono collocate nell'intervallo si frequenza che inizia dalla luce violetta nel visibile e arriva fino alle frequenze dei raggi X. In generale, gli effetti biologici delle radiazioni non ionizzanti presi in esame si riferiscono alle radiazioni con un energia inferiore a 12 eV. Le molecole biologiche assorbono i fotoni della radiazione ultravioletta a differenti lunghezze d'onda. Infatti, nel 1952 M. Errera fu il primo a notare che un'identica condizione di irraggiamento determinava fotodecomposizioni in misura maggiore nelle basi pirimidiniche rispetto alle basi puriniche. Entrambi i tipi di basi azotate assorbono alla stessa lunghezza d'onda a causa della loro struttura aromatica, e ciò porta alla conclusione che le principali alterazioni della struttura del DNA erano a carico delle basi pirimidiniche. I principali tipi fotoprodotti sono:
Anelli di ciclobutano, caratterizzati dalla presenza di un legame nella stessa elica fra due pirimidine adiacenti, ad esempio timina-timina. Sono le alterazioni più frequenti e vengono comunemente chiamate dimeri di pirimidina;
Idrati di pirimidina e glicoli di timidina. La trasformazione in pirimidine idratate consiste nell'apertura del legame fra due atomi di carbonio e l'aggiunta di una molecola di acqua. Questo cambiamento può determinare una transizione: ad esempio una timina o un uracile al posto di una citosina;
Legami crociati DNA-proteine. La  citosina e la timina hanno affinità di legame con la cisteina, e le basi pirimidiniche possono essere associate con numerosi amminoacidi, come il triptofano e la metionina.
I fotoprodotti elencati influenzano in vario modo il funzionamento delle cellule. Ad esempio, la presenza del dimero di ciclobutano porta a una distorsione dell'elica del DNA e influenza la replicazione e la trascrizione. Anche i legami crociati DNA-proteine possono interferire con la replicazione del DNA e causare letalità cellulare. Però, uno degli effetti biologici più studiati degli UV riguarda la morte cellulare.
Comunque, la formazione dei fotoprodotti non determina necessariamente l'inattivazione cellulare; infatti gli effetti possono risultare irrilevanti, rilevanti in particolari condizioni o potenzialmente rilevanti. Quest'ultimo caso è il più comune: frequentemente i fotoprodotti potrebbero risultare letali, ma le conseguenze non si manifestano a causa dei processi di riparazione. Per quanto riguarda, invece, gli effetti sull'uomo bisogna dire che le radiazioni UV hanno uno scarso potere di penetrazione all'interno dell'organismo; l'epidermide infatti è il solo tessuto interessato. La normale esposizione alle radiazioni solari ha un effetto benefico, in quanto ha una generale azione sterilizzante e aiuta l'organismo nella conversione della provitamina D in vitamine D2 e D3, prevenendo il rachitismo. Ma una prolungata esposizione alle radiazioni solari, tuttavia, può provocare diverse patologie di lieve entità quali l'eritema, la congiuntivite, l'invecchiamento precoce ma anche alcune patologie veramente gravi quali vari tipi di tumori della pelle. Infatti, nei cheratinociti le radiazioni UVB inducono danno al DNA e apoptosi. La generazione quindi di fotoprodotti del DNA, come difetti nella riparazione del DNA e nella replicazione, portano all’accumulo di mutazioni nel gene p53, alla perdita di espressione del ligando FAS e quindi a resistenza all’apoptosi. In seguito a ripetute esposizioni agli UV, le cellule p53 mutanti vanno incontro ad una espansione clonale e accumulano mutazioni in altri geni importanti.

Tratto da CITOGENETICA E MUTAGENESI AMBIENTALE di Domenico Azarnia Tehran
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