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La contrazione muscolare

La contrazione delle fibre muscolari scheletriche consente di generare forza per produrre un movimento o per sostenere un carico. La forza generata dalla contrazione si dice tensione muscolare, mentre, il carico è il peso o la forza che si oppone alla contrazione, cioè la produzione di tensione in un muscolo che è un processo che richiede l'apporto di energia sotto forma di ATP. Le tappe principali che conducono alla contrazione del muscolo scheletrico sono tre: (1) un segnale chimico liberato da un motoneurone è convertito in un segnale elettrico nella fibra muscolare a livello della giunzione neuromuscolare, (2) l'accoppiamento eccitazione-contrazione è il processo in cui i potenziali d'azione muscolari provocano un aumento della concentrazione citoplasmatica di Ca2+, che a sua volta attiva il ciclo contrazione-rilasciamento e  (3) a livello molecolare, un ciclo contrazione-rilasciamento può essere spiegato dalla teoria dello scorrimento dei filamenti. Nei secoli scorsi, gli scienziati osservarono che quando i muscoli muovono un carico si accorciano. Queste osservazioni portarono alle prime teorie della contrazione. Però, nel 1954, Andrew Huxley e Rolf Niedeigerke scoprirono che la lunghezza della banda A di una miofibrilla rimane constante durante la contrazione. Poiché la banda A rappresenta il filamento di miosina, essi compresero che l'accorciamento del filamento d miosina non poteva essere responsabile della contrazione. Successivamente proposero un modello alternativo, la teoria dello scorrimento dei filamenti. In questo modello, i filamenti di miosina e di actina mantengono una lunghezza fissa, ma slittano l'uno sull'altro, in un processo che richiede energia e che genera una contrazione muscolare. In una miofibrilla a riposo, all'interno di ogni sarcomero le estremità dei filamenti spessi e sottili si sovrappongono di poco. Quando il muscolo si contrae, i filamenti spessi e sottili slittano l'uno sull'altro facendo avvicinare i dischi Z e muovendosi verso la linea M. Quindi microscopicamente, nella fase di rilasciamento, il sarcomero ha un ampia banda I (solo filamenti sottili) e una banda A la cui lunghezza corrisponde a quella dei filamenti spessi. Quando si contrae, il sarcomero si accorcia. I dischi Z, a ciascuna estremità, si avvicinano mentre la banda I e la zona H, quasi scompaiono. Comunque, nonostante l'accorciamento del sarcomero, la lunghezza della banda A rimane costante. La forza che spinge il filamento di actina è il movimento dei ponti trasversali che legano actina e miosina. Ogni testa della miosina presenta due siti di legame, uno per la molecola di ATP e uno per l'actina. Le molecole di actina fungono da “funi” alle quali si legano le teste della miosina. Durante il colpo di forza, che è la base della contrazione muscolare, il movimento delle teste della miosina spinge i filamenti di actina verso il centro del sarcomero. Al termine del colpo di forza, ogni testa della miosina si stacca dall'actina a cui è legata, si ritrae e si lega ad una nuova molecola di actina per iniziare un altro ciclo. Meccanicamente possiamo dire che la tensione attiva prodotta dal muscolo è massima quando la sovrapposizione tra i filamenti consente la formazione del numero più elevato di ponti trasversali tra actina e miosina. All'aumentare della lunghezza, invece, la tensione diminuisce perché la sovrapposizione dei filamenti è minore e si formano meno ponti trasversali. La tensione cala anche con la diminuzione della lunghezza, perché i filamenti sottili si urtano l'uno con l'altro, riducendo ulteriormente l'accorciamento.

Per generare forza è necessario che i ponti trasversali della miosina si attacchino ai siti di legame presenti sui filamenti di actina, ma deve essere possibile anche il loro distacco. Infatti, se i ponti trasversali non si staccassero mai dall'actina, un muscolo non si potrebbe mai rilasciare. Per capire meglio questo fenomeno, si è visto che quando l'actina (A) e la miosina (M) sono mescolate in assenza di ATP, formano un complesso stabile chiamato actomiosina. L'aggiunta di ATP alla soluzione, tuttavia, causa la rapida dissociazione del complesso in actina e miosina-ATP (questo ci spiega anche il rigor mortis, in quanto non è prodotto più ATP e per questo i morti non riescono a dissociare il complesso actomiosina). Quando, l'ATP si lega alla miosina, viene rapidamente idrolizzato ad ADP e Pi, ma i prodotti dell'idrolisi si staccano dalla miosina molto lentamente. Tuttavia quando l'actina si lega alla miosina il rilascio di ADP e Pi viene notevolmente accelerato mediante un cambiamento allosterico nella conformazione della miosina. A questo punto, poiché il legame dell'actina al complesso miosina-ADP-Pi libera energia, viene cinematicamente favorita la formazione di actomiosina. La combinazione di queste reazioni produce un ciclo di attacco e distacco. Uno dei problemi principali è però chiarire come questa energia chimica fornita dai ponti trasversi possa essere trasformata in energia meccanica, ossia come fanno i ponti trasversali a sviluppare una forza che permette ai filamenti spessi e sottili di scorrere l'uno sull'altro? Gli studi di F. Huxley e R.M. Simmons su fibre muscolari “nude”, ossia prive di membrana plasmatica, hanno portato ad ipotizzare che questo processo ciclico avviene in quattro tappe: (1) la testa di ogni ponte trasverso si attacca al filamento di actina in corrispondenza de primo di una serie di siti stabili. Essa si trasferisce quindi sul secondo, sul terzo e sul quarto sito successivo, ognuno dei quali presenta un'affinità miosina-actina maggiore della precedente; (2) questa interazione determina un'oscillazione, della testa della miosina che provoca una trazione sul ponte trasverso che collega la testa di miosina al filamento spesso. L'elasticità del ponte consente la rotazione graduale della testa senza brusche e marcate variazioni; (3) la tensione del ponte si trasmette al filamento di miosina e (4) quando la rotazione della testa è completa la testa della miosina si stacca dal filamento di actina e riassume la posizione rilasciata.

Tratto da FISIOLOGIA: UN APPROCCIO INTEGRATO di Domenico Azarnia Tehran
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