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La crescita della popolazione mondiale

La crescita della popolazione mondiale

La crescita della popolazione è caratterizzata da ritmi molto elevati negli ultimi 2 secoli e solo negli ultimi decenni ha rallentato, o si è quasi arrestata, nei paesi sviluppati, e accenna a rallentare in alcuni fra i paesi meno sviluppati. In passato, la crescita è stata generalmente più lenta, ma ha comunque conosciuto dei cambi di velocità.
Non è facile ricostruire con esattezza la storia della popolazione mondiale, il censimento generale della popolazione, eseguito con metodi scientifici, è uno strumento moderno, che si è affermato negli ultimi 2 secoli. Per i 4-5 secoli che precedono l’introduzione dei censimenti occorre affidarsi a dati meno regolari:
in Europa, per esempio, ai registri parrocchiali che segnalano le nascite e le morti
per regioni del mondo come l’Africa a sud del Sahara, dove non esisteva, fino a tempi recenti, la scrittura, il compito degli studiosi si fa ancora più difficile.
Gli storici della popolazione hanno comunque potuto elaborare delle stime della popolazione umana in epoche anche assai remote. Si ritiene, per esempio, che circa 1 milione di anni fa la popolazione di tutta la Terra non superasse le 100.000 persone.
All’inizio dell’ era cristiana gli abitanti della Terra dovevano aver raggiunto i 250 milioni. Questa cifra rimase pressoché stabile per buona parte dei secoli del Medioevo, a causa soprattutto delle grandi invasioni che portarono distruzioni e morte in quasi tutta l’Asia e l’Europa.
Ci fu un nuovo balzo dopo il 1000, frenato nel XIV secolo dalla Grande Peste (1348-49), che fece milioni di vittime.
Una decisa ripresa si ebbe verso la fine del ‘700. In poco meno di 2 secoli la popolazione del mondo si è quasi sestuplicata. Ma la crescita non è stata uguale per tutti i continenti: in Europa la popolazione è cresciuta di circa 3 volte e mezzo; in Asia di 5 volte; in Africa più di 6. Le Americhe fanno storia a sé: conobbero un pauroso declino demografico fra il ‘500-‘600, dopo la conquista europea, quando le popolazioni amerindie vennero sterminate soprattutto dalle malattie arrivate dall’Europa. La popolazione si è moltiplicata per più di 30 in meno di 2 secoli, a causa dell’arrivo in America di coloni europei.

Gli studiosi della popolazione chiamano transizione demografica l’insieme dei mutamenti che si sono verificati a partire dal secolo scorso nell’andamento della popolazione. Prima della transizione demografica, la popolazione cresce lentamente: la natalità è elevata, il tasso di fecondità (= il numero dei figli vivi che una donna, in media, mette al mondo nel corso della sua vita) è molto alto, ma anche la mortalità è elevata.
Dall’ inizio della transizione demografica si succedono 3 fasi:
1. la mortalità si abbassa, perché migliorano le condizioni di vita e si diffondono norme igieniche e sanitarie che permettono di vincere o di limitare alcune malattie  aumenta la durata  media della vita. Contemporaneamente, la natalità resta alta.

Forte aumento del tasso di crescita della popolazione

L’Europa ha attraversato questa fase nel secolo scorso, quando la sua popolazione raddoppiò. Ci sono invece altri gruppi di paesi che stanno attraversando oggi questa fase: sono quelli dell’Africa a sud del Sahara, buona parte degli stati musulmani del Nord Africa e dell’Asia occidentale, un certo numero di stati dell’America centrale e meridionale. In questi paesi la durata media della vita si è innalzata, ma è ancora nettamente inferiore a quella dei paesi sviluppati, e la natalità resta elevata.
2. la mortalità continua a diminuire e anche la natalità comincia a declinare.

la crescita annua della popolazione scende attorno all’1,5-2% all’anno
Si trovano oggi in questa fase alcuni paesi latinoamericani e soprattutto India e Cina. L’Europa ha attraversato e superato questa fase attorno alla metà del ‘900.
3. continuano a diminuire sia la mortalità sia la natalità. Il tasso di fecondità scende a livelli inferiori al 2 e quello di crescita della popolazione si assesta fra lo 0,5-1,5%. In alcuni casi si raggiunge la crescita zero = la popolazione non aumenta più.
Si trovano oggi in questa fase quasi tutti i paesi sviluppati dell’Europa, del Nordamerica, dell’Oceania, ma anche dell’Asia orientale (→ Giappone e Tigri Asiatiche).
L’ Africa, soprattutto quella a sud del Sahara, è quindi oggi il continente che presenta i problemi maggiori, aggravati dalla povertà, dall’arretratezza economica, dalle cattive condizioni igieniche e sanitarie, dall’analfabetismo.
La sovrappopolazione vuol dire innanzitutto squilibrio nei confronti delle risorse alimentari ed energetiche disponibili e delle possibilità lavorative.
NB: la sovrappopolazione non è la sola causa del sottosviluppo e dell’arretratezza, ma contribuisce fortemente ad aggravarli.
La sovrappopolazione è anche fonte di migrazioni interne ed internazionali, con grandi masse che fuggono dalla fame per cercare fortuna nelle grandi città o nei paesi sviluppati. Assai spesso, proprio questi drammatici spostamenti di popolazioni e la competizione per i territori, sono all’origine di sanguinosi conflitti etnici, che a loro volta provocano il triste fenomeno dei profughi, affidati per la loro sopravvivenza ai soccorsi internazionali.
L’eccesso di popolazione vuol dire anche pressione crescente sulle risorse naturali e degrado ambientale. Si tende, in genere, a considerare che proprio la sovrappopolazione sia una delle cause principali di una serie di fenomeni regressivi che hanno colpito il Terzo Mondo:
il disboscamento, per procurarsi nuovi terreni da coltivare, 
l’ erosione del suolo, dovuta ad uno sfruttamento eccessivo della terra sia per l’agricoltura che per l’allevamento, 
la rarefazione delle risorse idriche, per il maggior consumo di acqua.

In generale, la pressione demografica contribuisce a produrre, nel Terzo Mondo, una serie di danni ambientali destinati a ripercuotersi sulla vivibilità dell’intero pianeta. Tuttavia, sarebbe sbagliato attribuire il degrado ambientale nel Terzo Mondo alla sola sovrappopolazione. L’ agricoltura coloniale delle grandi piantagioni aveva già provocato un vistoso degrado ambientale. Alcuni studiosi osservano che il degrado ambientale si deve, assai più che alle esigenze di sopravvivenza delle popolazioni locali alla fame di materie prime e di consumi in genere da parte dei paesi ricchi.
La crescita della popolazione porta anche ad un fenomeno che ha assunto dimensioni preoccupanti: la spinta impetuosa all’ urbanizzazione. Anche questa è una tendenza che si manifesta con particolare virulenza nel Terzo Mondo. La popolazione del Terzo Mondo tende oggi a spostarsi più di quanto sia mai avvenuto nel passato. A dire il vero, molte popolazioni del Terzo Mondo non sono mai state molto stabili, ma un tempo gli spostamenti avvenivano soprattutto nell’ambiente rurale, motivati dalla ricerca di terre e pascoli migliori. Negli ultimi anni, la gente che è andata a gremire le periferie urbane di tanti paesi del Terzo Mondo è soprattutto spinta dall’impossibilità di sopravvivere nelle campagne, e viene spesso delusa nelle sue aspettative: assai spesso deve accontentarsi di abitare negli slums, nelle bidonvilles, nelle favelas = periferie misere e squallide, dove le condizioni igieniche sono penose e si vive di lavori precari e di espedienti.

Un dato molto importante è quello riguardante la densità di popolazione = mette in relazione il numero di abitanti con le dimensioni del territorio.
Ci sono infatti paesi quasi disabitati e vasti territori (es.: le megalopoli giapponesi o nordamericane) nei quali la densità è altissima.
Paese per paese, è poi importante conoscere alcuni dati, come la mortalità infantile (= quanti bambini, su mille, muoiono nel primo anno di vita), la speranza di vita alla nascita (calcolata sulla base dei tassi di mortalità osservabili nel momento della nascita di un individuo).
Le differenze nella natalità e nella durata media della vita comportano una diversa struttura delle classi di età:
nelle società sviluppate diminuisce, in percentuale, la parte più giovane della popolazione, mentre aumenta la parte rappresentata dagli anziani → società “vecchie”
nelle società meno sviluppate i vecchi rappresentano una parte decisamente minore della popolazione, mentre le classi di età più numerose sono quelle rappresentate dai bambini e dai giovani → società “giovani”
Un aspetto importante della demografia è quello che riguarda il rapporto tra uomini e donne. Normalmente, nei paesi sviluppati ci sono più donne che uomini, e le donne vivono, in media, più degli uomini. Ma ci sono paesi (alcuni stati musulmani, l’India, la Cina) nei quali la mortalità infantile è molto più elevata per le femmine e ci sono più uomini che donne. Le ragioni si riconducono tutte alla condizione di inferiorità riservata alla donna.
ES: in India e in Cina si preferisce avere figli maschi e ad essi si dedicano cure assai maggiori che alle bambine; in alcuni casi si arriva a praticare l’infanticidio femminile.

La Cina degli ultimi 2 decenni rappresenta un caso abbastanza rigoroso di controllo della popolazione imposto dall’alto con metodi autoritari. Altrove si preferisce usare la persuasione, diffondere la conoscenza e l’uso dei metodi anticoncezionali, migliorare le condizioni igieniche e l’istruzione. Il controllo delle nascite e la pianificazione familiare, peraltro, non bastano da soli ad affrontare e risolvere il problema della sovrappopolazione, non si possono considerare un sostituto dello sviluppo economico e culturale: si è potuto constatare che il numero dei figli diminuisce con l’aumento della scolarizzazione e del livello di cultura. E resta fondamentale la diffusione di misure igieniche  è solo combattendolo su molti fronti che si può sperare di sconfiggere il fenomeno della sovrappopolazione.

Tratto da GEOGRAFIA POLITICA ED ECONOMICA di Elisa Bertacin
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