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La disciplina del segreto dei ministri di culto


Il segreto dei ministri di culto è regolato tanto da norme unilaterali quanto da disposizioni pattizie. Mentre le prime ne tratteggiano il regime comune, le seconde in fase di regolamento bilaterale hanno posto in rilievo peculiari esigenze proprie di alcune confessioni religiose.
Norme unilaterali: la norma prevede che i ministri di culto non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione salvo i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria: i ministri delle confessioni religiose i cui statuti non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. La stessa protezione è assicurata ad avvocati, consulenti tecnici, notai farmacisti ecc. a tutela della funzione ministeriale svolta si riconosce in campo dei ministri di culto, il diritto di astenersi a deporre. Diritto il cui esercizio implica la libera valutazione da parte dei ministri stessi della natura più o meno coercitiva del vincolo di riservatezza derivante dall’esercizio del proprio ministero. Però qualora il giudice abbia motivo di dubitare che la dichiarazione resa da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti necessari. Se risulta infondata, ordina che il testimone deponga. I ministri di culto devono consegnare all’autorità giudiziaria che ne faccia richiesta, gli atti e i documenti e ogni altra cosa esistente presso di esse per ragioni del loro ufficio, incarico, ministero, professione o arte salvo che dichiarino per iscritto che si tratti di segreto inerente al loro ufficio o professione.
Le disposizioni pattizie: gli ecclesiastici non sono tenuti a dare ai magistrati o altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero.

Tratto da MANUALE BREVE DI DIRITTO ECCLESIASTICO di Filippo Amelotti
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