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Il realismo


Il fallimento di questo programma intellettuale preannunciato gia negli anni 30 dall’impotenza della Società delle Nazioni di fronte alle sfide revisionistiche di Giappone, Germania e Italia e sanzionato dalla seconda Guerra Mondiale e dalla paralisi delle Nazioni Unite di fronte alla guerra fredda liberò la strada all’affermazione del realismo. Rifiutò la fiducia dell’idealismo nella possibilità di cambiare alla radice la natura della politica internazionale. All’immagine progressiva e ottimista del primo, il realismo oppose quella della immutabilità della politica internazionale nei secoli fondata sulla visione pessimista della natura umana che la struttura anarchica del sistema internazionale farebbe gravare su ogni tipo di uomo.
Il realismo affida alla guerra il compito di garantire la pace. Il modo migliore per evitare una guerra della portata della seconda guerra mondiale sarebbe non perseguire la pace a ogni costo ma opporre alla minaccia una minaccia peggiore, e all’aggressione certa una guerra preventiva.
Al posto dell’enfasi sulle relazioni economiche e sugli attori non statali, il realismo mise al centro della politica internazionale le relazioni tra gli stati e la continua incombenza della guerra. Al posto della logica inclusiva della sicurezza collettiva recuperò il concetto della sicurezza nazionale. Al posto della fiducia nel primato della politica intera su quella estera, il realismo ripose l’accento sulla distribuzione oggettiva del potere, intesa come unica garanzia nei confronti delle strategie di pace o di guerra degli altri attori. Il realismo si afferma come paradigma dominante delle relazioni internazionali sino alla fine degli anni 80 e per molti versi rimane ancora oggi.

Tratto da RELAZIONI INTERNAZIONALI di Filippo Amelotti
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