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Accordo sindacale di Firenze: novembre 1971


La riunione dei Consigli generali di Firenze nel novembre '71, nonostante alcune posizioni di dissenso da parte della minoranza socialdemocratica della UIL e della Federazione dei braccianti della CISL, ebbe dei risultati che sembrarono coronare i programmi più ottimistici. Fu stabilito che il 21 settembre '71 sarebbero stati celebrati i congressi di scioglimento delle tre confederazioni ed entro febbraio '73 si sarebbe tenuto il congresso costituente della Confederazione unitaria.

E' importante capire, pertanto, le ragioni che indussero le Confederazioni ad abbandonare il programma di Firenze (3) per ripiegare su un programma meno ambizioso.
Innanzitutto occorre focalizzare il cambiamento del quadro politico generale e dentro la DC. Sintomi chiari di questo cambiamento, furono l'elezione di Leone alla presidenza della Repubblica nel dicembre '71 e la nascita del governo elettorale d'affari di Andreotti che preludeva al ritorno nella maggioranza del PLI. L'avanzata del MSI alle elezioni amministrative del '70 e alle politiche del '72, aveva lasciato il segno. Inoltre, il segretario della DC Forlani non era favorevole all'unità sindacale e la stessa sinistra sindacalista interna alla DC guidata da Donat Cattin era tiepida a riguardo. Anche la Conferenza episcopale italiana si pose contro l'unità sindacale in quanto sussisteva il timore dell'indebolimento del fronte politico e sociale cattolico determinato dalla progressiva perdita di collateralismo con la DC e dalla nascita di un sindacato dominato dalla sinistra di classe. Questo quadro politico spiega l'inversione di posizione verso l'unità del vicesegretario della CISL, Scalia, durante il consiglio generale della fine di maggio '72, sintomo di una rinnovata influenza della DC nel sindacato.

Anche nella UIL la situazione non era facile. Una volta consolidata la segreteria del repubblicano Vanni, questi doveva tener conto delle posizioni antiunitarie dei socialdemocratici al fine di mantenere la propria leadership. La posizione di Vanni nei confronti dell'unità sindacale si raffreddò anche a seguito delle  elezioni politiche del maggio '72.
Quanto a condizionamenti internazionali legati alla guerra fredda, non sussistono prove certe di   un'azione in senso antiunitario operata dal sindacato americano, con l'avallo del Dipartimento di Stato anche se  tale ipotesi non può essere esclusa.


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