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Bismarck e l’unificazione tedesca – Micheal Sturmer


Collegata con una rivoluzione, l’unificazione avrebbe probabilmente destato ancora più diffidenze di quelle suscitate pur dalla sua forma conservatrice e statalistica. Soltanto il suo carattere conservatore la rese possibile in Germania e ancor più in Europa.
L’amara conclusione della rivoluzione politica del 1848 aveva creato condizioni favorevoli per la rivoluzione industriale. Il denaro risparmiato uscì dalle sue tane e si trasformò in capitale. Nel 1854 fu fondata la prima banca d’azioni. Dall’Inghilterra, dal Belgio, dalla Francia fluivano gli investimenti in Germania. Si svilupparono nuove tecnologie e nuovi settori industriali.
La lotta per l’eredità degli Ottomani e per il dominio del Mediterraneo orientale condusse le potenze, nel 1854-56, a schierarsi su fronti opposti della guerra di Crimea. La Prussia potè esigere qualcosa in cambio della sua neutralità. Perché non quella mano libera in Germania che poco prima Russia e Austria avevano rifiutato al paese dalla vocazione tedesca? La sconfitta russa in Crimea rese gli Zar bisognosi di alleanze verso l’esterno. Quando Bismarck, in occasione della rivolta polacca del 1863, fece sapere che i ribelli polacchi in fuga sarebbero stati consegnati ai loro persecutori russi, egli conquistò quella benevolenza russa che nel 1848 era mancata in modo così evidente ai liberali prussiani.
Nella guerra di unificazione italiana del 1859, l’esercito prussiano rimase all’erta, ma non per soccorrere i viennesi. La sconfitta austriaca nella lotta contro la Francia e i Savoia paralizzò la monarchia danubiana nella cura dei suoi interessi in Germania. E infine la Francia: le cui truppe inviate nel Messico nel corso della guerra di secessione americana, non furono a disposizione nel 1866 per un’energica azione della Francia contro l’unificazione della Germania da parte della Prussia.
Sarebbe stata l’Austria, e quindi ancora una volta la Germania cattolica e preindustriale, lo stampo del futuro nuovo ordine tedesco? Oppure la Prussia avrebbe deciso a suo favore il grande confronto, facendosi forte della potenza militare e industriale?
Negli anni Cinquanta la Prussia era in Germania l’unica potenza in grado di agire. Bismarck, apprese alla Dieta federale che la Prussia era perduta se non si alleava con il nazionalismo e i liberali. La verità era che con l’Austria veniva conservato un passato da tempo trascorso, ma con i liberali si spalancavano le porte al mondo dell’industria e della finanza, verso un futuro imprevedibile. I liberali, sul fronte opposto, erano tutt’altro che pacifisti. All’occorrenza erano pronti a battersi con l’Austria, se questo era il prezzo da pagare per la costruzione dello Stato nazionale tedesco. E mentre, il re non voleva saperne di una guerra, il suo capo del governo andava oltre. Egli aveva infatti compreso che i cittadini liberali, se avessero raggiunto i loro obiettivi soltanto per mezzo delle armi prussiane, sarebbero stati costretti ad aderire al progetto nazionale alle condizioni poste dalla Prussia.
Le due guerre del 1864 e del 1866 con Danimarca e Austria gli valsero l’ammirazione della Germania nazionalista. Successivamente egli seguì una politica ambivalente: guanti di velluto con l’Austria, pugno di ferro con i suoi alleati settentrionali. Con i tedeschi del sud furono stipulati dei trattati militari di protezione e difesa che fecero della Prussia in Germania il padrone di casa.
Per i sostenitori del cattolicesimo, del Sacro Romano Impero e dell’Austria, tutto ciò era una catastrofe. Per la Germania protestante, per i partigiani della Prussia e per i sostenitori del libero commercio era una vittoria, sancita nel 1868 con la promulgazione del Codice industriale: non più corporazioni né limitazioni al mercato ma liberi rapporti contrattuali secondo il modello inglese.
Rimaneva ancora aperto un conto: quella con la Francia napoleonica. Il nuovo ordine dell’Europa centrale nel 1866 non era un trionfo della politica estera francese. L’Imperatore, indebolito dagli scandali e attaccato in parlamento, non ebbe la saggezza di sottrarsi al vortice della guerra, come egli avrebbe potuto fare per molto tempo.

Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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