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La contraddizione feconda



Ci troviamo così di fronte ad una contraddizione, feconda per la tradizione antropologica, quella esistente tra aderenza analogica della fotografia e sua vocazione interpretativa: è indubbio che la fotografia può riprodurre con efficacia l'universo formale di fronte a cui è posta, può registrare con fedeltà gli aspetti morfologici della realtà, ma è altrettanto indubbio che lo fa contemporaneamente all'interpretazione che offre.
Siamo in genere avvertite del valore soggettivo della descrizione etnografica scritta perchè essa non include traccia della realtà nel senso indicale di cui parla Eco, perchè afferisce interamente all'autore, alla riduzione che egli ha operato sui suoi oggetti d'indagine. Siamo incerti invece circa la natura della descrizione fotografica perchè conserva tracce indicali, non afferisce soltanto all'autore ma anche ai suoi oggetti d'indagine, comporta una componente peculiare nel processo creativo che è quella della situazione fotografica. Al fine di comprendere meglio quest'ultima, di grande fecondità appare la nozione di inconscio ottico di Benjamin per la quale la macchina da presa possiede autonoma capacità di rischiara e rendere produttivo sul piano del segno ciò che la visione naturale non percepisce immediatamente e non apprezza, per lo meno esplicitamente.

Tornando all'immagine fotografica, è opportuno sottolineare come essa sia essenzialmente un costrutto autoriale. Wittgeinstein ricordava come le immagini non vadano intese come riproduzioni del reale, ma come modelli, e rispetto alla loro veridicità sosteneva: l'immagine rappresenta ciò che rappresenta indipendentemente dalla propria verità o falsità, mediante la forma della raffigurazione. Dall'immagine soltanto non si può riconoscere se essa è vera o falsa.
L'antropologo che lavora con la macchina fotografica deve avere chiaro il doppio carattere di invenzione di ciò cui partecipa: quello relativo all'umanità che osserva, quello relativo alla descrizione che egli compie. Un dato ottenuto attraverso la macchina fotografica costituisce un grado di elaborazione  e mediazione ancor maggiore rispetto a ciò che definiamo il reale: è certo un'interpretazione di un'interpretazione, ma non solo nostra e di quanti con noi interagiscono e contribuiscono a costruire quel dato, ma anche della camera e del suo potenziale tecnologico, di ciò che abbiamo definito situazione fotografica.

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