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Gli archivi dall’Unità d’Italia


Lo stato unitario nel raccogliere la memoria che gli era stata consegnata dagli antichi stati non poté non tenere conto delle scelte politiche e culturali compiute durante la prima metà dell’ottocento in rapporto alla concentrazione di carte in determinati luoghi istituti e all’organizzazione archivistiche che le carte avevano ricevuto. È ovvio che il processo che portò all’unità d’Italia fu un processo lungo e tormentato, e la documentazione archivistica poteva offrire una possibilità per verificare quanto lungo e
complesso fosse effettivamente stato tale processo che portò all’unità. Riconoscersi come nazione voleva dire indagare la propria storia, recuperare il passato e le proprie tradizioni. Pertanto non si volevano negare tali particolarità, che vennero semplicemente collocate nel passato. Anche le pratiche conservative adottate nella seconda metà dell’ottocento hanno fatto rinvio al nesso concettuale passato/presente. Ma per quanto riguarda le strategie di conservazione e trasmissione, mentre ad esempio, un cancelliere, un segretario, un funzionario addetto alla redazione di documenti poteva avere bisogno, fino al 6-700, per svolgere determinate pratiche o per trattare determinati negozi, di documentazione appartenente a decenni o secoli precedenti, e si riconosceva così un’utilità pratica alla stessa e quindi si avvertiva la necessità di conservarla per un lungo periodo, un impiegato di un ufficio pubblico dell’800 e ancor più del 900, non ha avuto bisogno per impostare pratiche o trattare affari, di documentazione prodotta in un passato, e quindi non ha avvertito l’esigenza di conservarla oltre un breve periodo. Il disegno conservativo delineato attraverso un regio decreto del 27 maggio 1875 (confermato nel 1902) delineava una tipologia classificatorio organizzativa similare a quella che era stata adottata in precedenza presso l’archivio di Palermo (la documentazione viene ripartita in 3 sezioni: atti giudiziari, notarili, amministrativi). Fu poi modificata dal provvedimento emanato nel 1911, che confermava tale classificazione ma aggiunse che questa dovesse essere applicata alla documentazione emanata successivamente tale provvedimento e no a quella già presente negli istituti. Tuttavia l’organizzazione dello stato del primo e del secondo dopoguerra riflette la sua sempre più complessa e articolata struttura; il concetto della divisione dei poteri non è più considerato il tratto caratterizzante della sua fisionomia. Le funzioni svolte dallo stato sono diventate più numerose e diversificate; nello stesso tempo l’immagine che il potere politico vorrebbe dare di se, è diventata così differenziata e articolata che quella che si rintraccia nella corrispondente memoria documentaria non può più essere delineata secondo moduli ottocenteschi.

Tratto da GLI ARCHIVI TRA PASSATO E PRESENTE di Alessia Muliere
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