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L'arte connessa al potere

L'arte connessa al potere


Quando l’artista cerca di coordinare la sua creatività, muovendosi in alternativa alle prassi del potere, nella maggior parte dei casi avrà bisogno di un supporto critico che verta testualmente sull’identità del curatore.
Nella realizzazione dell’arte è impossibile prescindere dalla sincronia delle prassi si potere. Questa funzione implicita nell’arte e nella sua oggettualità, è anche evidente nel ruolo percettivo, ruolo spesso relegato al compito dell’estetica o della critica d’arte. La funzionalità critica dell’arte ha un ruolo essenziale quando l’operativismo conseguenziale alla prassi sociale dell’azione artistica si proiettano verso la conoscenza specularmente nell’ambito dell’analisi. Il rapporto testuale nell’arte contemporanea è una funzione basilare, che ne permette la sua ammissione o comprensione all’interno del sistema espositivo. Il critico deve cercare di dissimulare il suo ruolo di potere all’interno delle relazioni espositive; il citrico di potere non è monografico (non connesso al singolo artista): la strategia dell’operativismo fattuale si misura nell’ordine di gruppo consolidato. La conclusiva cementazione del programma strategico di potere si realizza come teoria all’interno delle prassi di potere in cui si individuano le forme d’arte attualizzate, assumendole come esclusivo appannaggio del contesto, dello spazio culturale, situandole quindi al di fuori delle reali intenzioni del singolo artista e/o del singolo citrico. L’arte ponendosi al ridosso del potere consolidato nelle sua attuali forme di gestazione del significato, e ripetendone in loco e in azione le strategie di potere, di fatto realizza una piena sincronia acritica col potere. La teoria propinata dal citrico deve invece inglobare gli aspetti del simbolico dell’arte e degli artisti, deve, se possibile, alterare le reazioni ad un possibile moto sincronico con le prassi di potere, deve trasformare questa identità sino a dimostrare, sia nel lavoro d’arte, sia nella sua stesura testuale, l’indipendenza di quella forma teoria da qualsiasi altra forma teoria, mai apparsa sino ad allora. La formula, sintetica della critica, può per questo casualmente identificare un momento specifico della storicizzazione oggettuale e che può essere simbolicamente rappresentativa di una storia contemporanea del potere. In questo modo la nascita di fenomeni artistici non può essere mai casuale, ma casuale ne è la timbrica testuale che poi ne caratterizza l’ambito e ne motiva la disciplina. Il potere come atto logico dell’artista è senza dubbio una circostanza casuale ma è sincronico all’oggettivazione concreta nel lavoro e nell’oggetto curatoriale. L’artista senza storicizzazione fattuale nell’ambito della prassi di potere non può che negare ogni possibilità creativa. La possibilità creativa è la prima prassi logica e fattuale della strategia del potere.

Tratto da LA CURA CRITICA di Alessia Muliere
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