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L’art. 12 dell’Accordo di Villa Madama del 1984 e le intese di attuazione


Tra le novità proposte dall’Accordo di Villa Madama del 1984, una delle più significative è senza dubbio da rinvenire nell’art. 12 n. 11-2-3, norma interamente dedicata ai beni culturali di interesse religioso:
- nel 1° comma afferma che “la Santa Sede e la Repubblica italiana, nel rispettivo ordine, collaborano per la tutela del patrimonio storico e artistico”.
La formulazione della norma induce a ritenere che la messa in opera di tale impegno, senza dubbio opportuna, non rivesta comunque carattere di obbligatorietà, quanto piuttosto assuma per entrambe le parti il senso di un modus operandi da rispettare, con lo scopo di far sì che le azioni individuali e concordate in tale ambito siano finalizzate al perseguimento del bene comune della tutela del patrimonio storico e artistico nazionale;
- nel 2° comma stabilisce che “al fine di armonizzare l’applicazione della legge italiana con le esigenze di carattere religioso, gli organi competenti delle due Parti concorderanno opportune disposizioni per la salvaguardia, la valorizzazione e il godimento dei beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche”.
La natura pattizia di tale impegno vincola per il futuro lo Stato, che potrà sottrarsi ad esso solo attraverso una revisione dell’Accordo come stabilito dall’art. 72 cost.
Un impegno, è bene ricordarlo, limitato ai soli beni culturali “appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche” e posto a tutela del solo loro utilizzo per fini religiosi;
- nel 3° comma dispone che “la conservazione e la consultazione degli archivi di interesse storico e delle biblioteche dei medesimi enti e istituzioni saranno favorite e agevolate sulla base di intese tra i competenti organi delle due Parti”.
Con tale comma si dà corso ad una esigenza fortemente sentita tanto da parte statale quanto da parte ecclesiastica, quella di prendere in considerazione una particolare tipologia di beni culturali: gli archivi storici e le biblioteche appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche.
Di per sé la norma non è finalizzata alla protezione di un interesse religioso, quanto piuttosto alla regolazione del libero accesso agli stessi.
Non va comunque dimenticato che entrambi, particolarmente gli archivi, non mancano di assumere un chiaro significato religioso e che di ciò occorrerà di volta in volta tener conto.
La dottrina unanime non ha avuto dubbi nell’affermare che l’art. 12 non ha individuato nei beni culturali di interesse religioso una nuova res mixta, dettando semplicemente regole integrative e di attuazione della normativa unilaterale nazionale.
Rimane quindi integra la piena competenza dello Stato in questo settore oggi più che mai strategico anche per l’economia nazionale.

Tratto da DIRITTO ECCLESIASTICO di Stefano Civitelli
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