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PREMESSA


La predominanza di una cultura giuridica ha influenzato il modo di fare informazione e comunicazione delle istituzioni, con ripercussioni sia a livello di contenuti che di linguaggi adoperati.
I riflessi dell'uso di un linguaggio molto tecnico e poco accessibile hanno interessato due diversi tipi di destinatari: i cittadini e lo stesso personale interno alle amministrazioni con conseguenze disastrose sulla percezione dell'immagine dell'apparato amministrativo.

Il “burocratese” (linguaggio delle istituzioni), utilizzato come forma di esercizio di potere, nasceva dalla volontà di queste ultime, in un passato non troppo remoto, di tenere lontano qualsiasi soggetto non direttamente coinvolto nei processi decisionali dall'azione amministrativa. Oggi le amministrazioni hanno iniziato ad aprirsi e ad avvertire la necessità di comunicare con i propri interlocutori comprendendo il bisogno di comunicare contenuti che fossero differenti dal semplice trasferimento di informazioni di carattere burocratico e giuridico.

L'esigenza di fondare su nuove basi il rapporto tra amministrazioni, risorse umane e cittadini, trova la sua massima espressione nella volontà del legislatore di semplificare il linguaggio istituzionale.
La semplificazione viene ad essere in questo modo l'espressione di un diritto di democrazia, in cui il 'burocrate' si riconosce come servitore del cittadino e il cui compito primario diventa quello di rendere attuale i principi contenuti nell'art. 3 della nostra Costituzione che prevede il principio di uguaglianza, l'art. 97 che sancisce i principi del buon andamento e della imparzialità dei pubblici uffici e l'art. 98 che prevede che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.

Il primo documento scritto sulla semplificazione del linguaggio delle P.A. è stato il Codice di stile delle comunicazioni scritto ad uso delle amministrazioni pubbliche, che già a partire dagli anni Novanta (dal 1993 per la precisione), segnalava l'incapacità e la difficoltà delle istituzioni di comunicare e forniva una serie di raccomandazioni utili su come scrivere un testo comprensibile (dal contenuto alla grafica, utilizzando esempi concreti tratti da documenti adoperati dalle pubbliche amministrazioni).

Al Codice, alcuni anni più tardi è seguito il Manuale di stile pubblicato nel 1997 dal Dipartimento della Funzione Pubblica curato da Alfredo Fioritto, che sulla scia del precedente, indica le regole per la costruzione logico-concettuale di un testo, prestando attenzione sia all'impostazione grafica dei documenti che all'utilizzo del linguaggio nella pratica quotidiana. Numerose amministrazioni sia a livello centrale che periferico, nel corso degli anni ne hanno seguito i suggerimenti, con risultati di successo e di sensibilizzazione al problema.
Con la Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica dell'8 maggio 2002, sulla semplificazione del linguaggio, viene dato carattere formale e vincolante ai consigli contenuti nei due testi e vengono stabiliti dei criteri a cui le pubbliche amministrazioni devono uniformarsi nella stesura degli atti e dei documenti.

Non è facile fornire principi univoci che valgano per tutti i testi. Tuttavia attenersi ai principi fondamentali di una comunicazione efficace e alle massime che regolano la stesura di testi pienamente fruibili servirà a evitare fraintendimenti, ambiguità e imprecisioni.

La redazione dei testi giuridici normativi ed amministrativi deve, dunque, mirare a rendere il testo comprensibile a tutti i suoi fruitori, in termini di contenuti e di scelte linguistiche che li veicolano.


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